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Redefining ethnography «in the strict sense of the term»: Perspectives gained from non-standard, old-new fieldwork

Redefining ethnography «in the strict sense of the term»: Perspectives gained from non-standard, old-new fieldwork

This essay reflects on the consequences for ethnography of the reversal of the direction of the anthropological encounter – what exactly happens when anthropologists from the Global South undertake fieldwork among populations in the Global North? I will argue that this does not merely correct historical imbalances of anthropological knowledge production, thereby changing the substance of that knowledge itself, although of course that is a goal worth pursuing, as has cogently been pointed out by the “world anthropologies” critique of hegemonic disciplinary practices. Using insights drawn from my own research site in the US heartland, where I conducted fieldwork initially in 1989-91, and then again during a “focused revisit” in 2015, I suggest that lasting misunderstandings between the anthropologist and the research participants are themselves a rich source of data and human possibility. My contention is that non-standard and long-term fieldwork of this kind may help reveal dimensions of the practice of ethnography that would otherwise remain obscured.

Questo saggio riflette sulle conseguenze per l’etnografia dell’inversione di direzione dell’incontro antropologico – cosa succede esattamente quando antropologi e antropologhe provenienti dal Sud del mondo intraprendono un lavoro di campo tra popolazioni del Nord del mondo? Sosterrò che questo fatto non corregge solamente gli squilibri storici della produzione di conoscenza antropologica, cambiando in tal modo la sostanza di questa stessa conoscenza, sebbene certamente questo sia un obiettivo degno di essere intrapreso, come è stato sottolineato fermamente dalla critica alle pratiche egemoniche della disciplina da parte delle “antropologie del mondo”. Facendo riferimento al mio terreno di ricerca nella zona centrale degli Stati Uniti, dove ho realizzato il lavoro di campo negli anni 1989-1991, e poi ancora nel 2015 durante una “rivisitazione mirata”, suggerisco che le incomprensioni durevoli tra l’antropologo e i partecipanti alla sua ricerca rappresentino di per sé una ricca fonte di dati e possibilità umane. Ciò che sostengo è che il lavoro sul campo di questo tipo, non standard e a lungo termine, può contribuire a rivelare dimensioni della pratica etnografica che rimarrebbero altrimenti nell’ombra.

10.7340/anuac2239-625X-3520