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The article focuses on Headlong’s dramatisation of 1984 (2013) and on the role played in it by a stage-wide screen as a significant example of what relevant and specific functions video can have in a rather traditional theatre production. After an overview of the relation between the screen on stage and the novel’s ‘telescreens’, a semiological analysis of the mediated images shows that the effect of 1984’s screen is both unique, in that it identifies the audience with the Thought Police, and exemplary of video’s ability to present theatre with the otherness of ‘a presence that is not there’.

La drammatizzazione di 1984 della compagnia Headlong (2013) e il ruolo svoltovi da uno schermo largo come il palco sono qui studiati come un buon esempio delle funzioni rilevanti e specifiche che il video può avere in uno spettacolo piuttosto tradizionale. Dopo una sintesi del rapporto fra lo schermo in scena e i ‘teleschermi’ del romanzo, un’analisi semiologica delle immagini mediate mostra che lo schermo di 1984 è eccezionale, in quanto identifica il pubblico con la Polizia del Pensiero, ma anche esemplare della capacità del video di portare in scena l’alterità di ‘una presenza che non c’è’.

10.13125/2039-6597/3335