• Ruolo di integroni e di biofilm nell'antibiotico-resistenza in acinetobacter baumannii.
  • Ruolo di integroni e di biofilm nell’antibiotico-resistenza in
  • Morassutto, Sabina

Subject

  • Acinetobacter baumannii;
  • antibiotico-resistenza
  • integroni
  • biofilm
  • FARMACOLOGIA, CHEMIOTERAPIA E MICROBIOLOGIA
  • MED/07 MICROBIOLOGIA E MICROBIOLOGIA CLINICA

Description

  • 2006/2007
  • Acinetobacter baumannii è un importante patogeno opportunista, noto per causare epidemie ospedaliere. Queste ultime sono quasi sempre sostenute da stipiti multiresistenti, che costituiscono un problema terapeutico. Se, da un lato, questo può venire affrontato con l’introduzione di nuovi farmaci, dall’altro può essere importante comprendere quali siano i meccanismi genetici che favoriscono la diffusione delle antibiotico-resistenze e quali possano essere le misure per contenerla. La rapidità con cui Acinetobacter baumannii appare in grado di acquisire nuovi determinanti genici di resistenza ha portato ad ipotizzare che gli integroni possano giocarvi un ruolo importante. Questi, infatti, costituiscono un sistema naturale di clonazione per cassette geniche contenenti determinanti di resistenza, che tendono ad accumularsi nel sito di ricombinazione. Gli integroni sono classificati in base alla sequenza del gene dell’integrasi, enzima responsabile dell’inserimento ed escissione delle cassette nel sito di ricombinazione; inoltre possono esser localizzati su elementi che ne favoriscono la mobilità, quali trasposoni o plasmidi. Questo lavoro ha perciò voluto approfondire lo studio di questi elementi genici in una raccolta di ceppi (58 in totale) che fosse quanto più possibile rappresentativa di quelli attualmente circolanti. Sono stati inclusi ceppi, non correlati epidemiologicamente, provenienti da diverse regioni d’Italia e d’Europa. La genotipizzazione molecolare dei ceppi ha permesso di suddividerli essenzialmente in tre gruppi: appartenenti al clone pan-Europeo I (n=20), al clone II (n=16) e ceppi sporadici (n=22). Questa suddivisione, ottenuta inizialmente con l’analisi di macrorestrizione, è stata confermata successivamente con il sequenziamento dei geni csuE e csuC, entrambi indispensabili per la formazione dei biofilm. Questa struttura, prodotta da diverse specie batteriche e poco studiata in A. baumannii, permette ai batteri di aderire saldamente a superfici e di proteggersi dall’azione di agenti esterni (antibiotici, sistema immunitario) mediante la produzione di uno slime costituito da esopolisaccaridi e proteine. Non sono stati trovati isolati attribuibili al clone III, che ha una diffusione molto più limitata degli altri e che non sembra circolare molto in Italia. La definizione di clone qui applicata indica semplicemente il riconoscimento di una discendenza comune (derivazione clonale, appunto) dei ceppi inclusi nel clone, cioè la derivazione da un comune, lontano progenitore. In accordo con studi precedenti, svolti sia in Italia che all’estero la frequenza di carriage di integroni di classe 1 è risultata elevata (62%). Bisogna considerare che la maggior parte dei ceppi che vengono comunemente isolati nella routine ospedaliera appartengono proprio ai principali cloni diffusi a livello europeo. Infatti, essi tendono, dopo aver causato focolai epidemici, a volte anche di modesta entità, a rimanere endemici negli ospedali. Il sequenziamento delle regioni variabili degli integroni di classe 1 ha confermato la presenza delle stesse cassette già trovate in studi precedenti nei ceppi dei cloni epidemici. Entrambi i cloni contengono sia la regione variabile di 2.5 Kbp che quella di 3.0 Kbp. E’ possibile quindi che esso sia stato acquisito anticamente, prima ancora della differenziazione nei due cloni e che la duplicazione della cassetta orfX, evento che differenzia le due regioni variabili, possa essere avvenuta in due occasioni separate. La localizzazione cromosomica di questi integroni e la possibile mancanza della transposasi nei ceppi del clone I lasciano supporre una loro ridotta capacità di trasferimento. L’ampia diffusione delle due versioni di questo integrone, quindi, potrebbe essere semplicemente il riflesso del successo dei ceppi che lo portano e non essere affatto dovuta a trasferimento orizzontale. Una parte dei ceppi del clone II possiede un integrone con una regione variabile diversa, sulla cui origine, allo stato attuale, non è possibile formulare ipotesi. Nei ceppi sporadici la frequenza di ritrovamento di integroni di classe 1 è bassa. Sono infatti risultati positivi solo due ceppi (9%), che hanno la stessa regione variabile, peraltro di frequente ritrovamento in ceppi di specie diverse. Entrambi sono stati isolati a Trieste e nello stesso ospedale, a distanza di 11 anni. Anche se la loro somiglianza, ottenuta con l’analisi di macrorestrizione, è piuttosto bassa (66%), non si può escludere che i due ceppi non siano correlati. La ricerca del gene int2* ha dato esiti positivi in 7 dei 58 isolati analizzati. La frequenza complessiva risulta essere quindi del 12%, molto più bassa di quella degli integroni di classe 1. Possiamo affermare, quindi, che gli integroni di classe 2 sono poco frequenti in A. baumannii, a conferma di quanto riportato in letteratura. In tutti i casi la localizzazione di intI2* era cromosomica e non è stato possibile amplificare sequenze di un trasposone associato. I risultati indicherebbero, quindi, che anche gli integroni di classe 2 sono poco mobili e che la loro presenza è legata soprattutto ad un sottogruppo del clone I. Per quanto riguarda le antibiotico-resistenze conferite da determinanti contenuti negli integroni di classe 1, queste riguardano alcuni antibiotici aminoglicosidici. Tuttavia, i ceppi portatori di integroni risultano tutti multiresistenti, con una media di otto resistenze ai vari antibiotici saggiati. Se, da un lato, questo risultato conferma la stretta associazione tra presenza di integroni di classe 1 e multiresistenza, dall’altro esso non è giustificato dal numero e dal tipo di determinanti contenuti nella regioni variabili degli integroni considerati. Una possibile spiegazione potrebbe essere costituita dall’inclusione di integroni in soprastrutture genetiche più complesse, contenenti altri determinanti. Oppure, più semplicemente, potrebbe accadere che quando un ceppo presenta tante resistenze è più probabile che alcune di queste siano trasportate da integroni. L’osservazione che all’interno degli integroni di classe 1 contenuti nei cloni epidemici era spesso presente la cassetta genica orfX, anche in duplice copia, ha portato ha dedicare una parte del lavoro alla determinazione della funzione del suo prodotto. La struttura predetta di quest’ultimo rivela un elevato grado di somiglianza con una famiglia di acetiltransferasi, la “GNAT superfamily”. Tra le funzioni delle proteine appartenenti a questa famiglia, vi sono la regolazione della trascrizione (istone-glicosiltransferasi) e la modificazione di antibiotici aminoglicosidici (aminoglicoside-acetiltransferasi). Il lavoro di questa tesi ha permesso di clonare il gene orfX dagli isolati di A. baumannii e di verificare la possibilità che la proteina conferisca ad E. coli la resistenza verso alcuni antibiotici. Dati preliminari indicano che il prodotto di orfX non conferisce resistenza agli antibiotici saggiati. Questi studi verranno comunque approfonditi, in primo luogo identificando la localizzazione sub-cellulare del prodotto di orfX, che gli esperimenti preliminari indicano come citoplasmatica. Si deve anche considerare che l’altro ruolo ipotizzato per la proteina codificata da orfX è quello di istone-acetiltransferasi, supportata anch’essa da dati di somiglianza. Questi enzimi hanno un importante ruolo nella regolazione dell’espressione genica negli eucarioti, in quanto l’acetilazione degli istoni porta allo svolgimento della cromatina e ad un aumento della trascrizione. La presenza di questo tipo di geni nei procarioti è gia stato documentato in Salmonella. E’ importante sottolineare che le infezioni polmonari sono tra le più gravi infezioni determinate da Acinetobacter e che recentemente alle istone-acetiltrasferasi è stato attribuito un ruolo di rilievo in molte delle comuni malattie polmonari in quanto promuovono l’attivazione di geni pro-infiammatori. Infine, il sequenziamento dei geni csuE e csuC ha permesso di dimostrare che gli alleli di entrambi i geni sono clone-specifici. Il gene csuC ha dato un’identità del 100% tra isolati appartenenti allo stesso clone, mentre gli alleli csuE differiscono per un solo nucleotide su 902. Gli alleli 1 e 2, corrispondenti ai due cloni epidemici, differiscono considerevolmente tra loro e dagli alleli trovati nei ceppi sporadici. Questi risultati, uniti a considerazioni sulla stabilità delle sequenze dei due geni, che, all’interno dello stesso clone, non hanno subito variazioni in ceppi isolati fino a 18 anni di distanza, portano ad affermare che il sequenziamento di uno dei due geni è sufficiente, da solo, ad identificare isolati appartenenti ai cloni epidemici I e II. Questo fatto potrà, in futuro, facilitare di molto la tipizzazione, ma anche consentire di identificare in tempi brevi ceppi dotati di un potenziale di virulenza elevato.
  • XX Ciclo

Date

  • 2008-04-22T15:17:46Z
  • 2008-04-22T15:17:46Z
  • 2008-03-10
  • 1978

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier