• Il sistema del complemento come strumento terapeutico nella terapia dei tumori.
  • Macor, Paolo

Subject

  • complemento
  • leucemie
  • linfomi
  • immunoterapia
  • carcinoma ovarico
  • PATOLOGIA SPERIMENTALE E CLINICA

Description

  • 2006/2007
  • Il cancro e le malattie cardiovascolari rappresentano le prime cause di morte nei paesi sviluppati; se queste ultime possono beneficiare di terapie chirurgiche e farmacologiche sempre più efficaci, i tumori, soprattutto alcuni tipi, continuano a rappresentare patologie con poche alternative terapeutiche. Nella maggior parte dei casi la chirurgia rappresenta la principale arma per eliminare le masse tumorali. La chemioterapia e la radioterapia cercano soprattutto di eliminare le cellule residue agendo sulla loro continua proliferazione, ma mancano di una reale specificità d’azione e causano ancora notevoli effetti collaterali. Le terapie più innovative puntano invece a sfruttare il sistema immunitario umano come meccanismo effettore. I tumori però derivano da cellule del nostro organismo ed il fatto che abbiano potuto svilupparsi dimostra che il nostro sistema immunitario non li riconosce come estranei e quindi non costruisce contro di essi un’efficiente risposta. I meccanismi effettori del sistema immunitario sono quindi potenzialmente in grado di distruggere in maniera selettiva le cellule tumorali e di causare in questo modo pochissimi effetti collaterali, ma necessitano di qualcosa che indirizzi e faccia partire la loro azione. L’utilizzo degli anticorpi monoclonali come strumento terapeutico vuole appunto sfruttare la loro capacità di raggiungere in maniera molto selettiva uno specifico bersaglio e di attivare di seguito il sistema immunitario. I meccanismi d’azione utilizzati dagli Ab, una volta legati alle cellule tumorali, si basano sull’induzione di processi apoptotici (in maniera dipendente dall’antigene a cui si sono legati), sull’attivazione della citotossicità cellulare e sull’attivazione della cascata complementare. Diversi autori hanno messo in risalto il fatto che gli anticorpi più efficaci in clinica sono proprio quelli con la maggior capacità di sfruttare quest’ultimo meccanismo. A differenza dell’apoptosi e della citotossicità cellulare, il complemento si basa su un sistema di proteine extracellulari che si attivano a cascata e portano alla morte della cellula tumorale, principalmente creando un poro transmembranario e provocando quindi la lisi osmotica del bersaglio. Il suo principale vantaggio sta proprio nell’azione rapida e diretta, che non necessita dell’attivazione di processi intracellulari (apoptosi) o del richiamo di cellule effettrici nella sede in cui si è sviluppato il tumore (citotossicità cellulare). Come detto però, non tutti gli anticorpi si sono dimostrati in grado di attivare la cascata complementare (1); altri, pur attivandola, non portano alla lisi della cellula bersaglio (2); altri ancora, pur avendo un buon effetto citotossico su cellule tumorali in vitro, si sono dimostrati poco efficaci una volta testati in vivo (3). In questi tre anni abbiamo voluto studiare le cause di questi insuccessi e abbiamo cercato di intervenire per proporre delle nuove strategie da utilizzare nell’immunoterapia dei tumori. 1. L’incapacità di attivare la cascata complementare, nella maggior parte dei casi, è da imputare ad un’insufficiente concentrazione degli antigeni associati al tumore; questo non permette di ottenere una congrua vicinanza tra gli anticorpi ad essi legati, che è la condizione essenziale perché attivino il sistema complementare. Utilizzando diversi anticorpi diretti contro epitopi distinti dello stesso antigene associato al tumore è stato possibile dimostrare che è possibile creare una densità anticorpale sufficiente ad ottenere buona attivazione complementare anche sfruttando molecole poco espresse sulla superficie delle cellule tumorali. Un effetto analogo si può ottenere anche utilizzando anticorpi diretti contro due diversi antigeni presenti sulla superficie delle cellule tumorali. 2. Le cellule tumorali derivano da cellule del nostro organismo e come tali esprimono sulla loro superficie delle molecole la cui funzione fisiologica è quella di inibire un’attivazione indesiderata della cascata complementare. Ne deriva che l’espressione, e spesso l’iper-espressione, degli inibitori di membrana del complemento sulle cellule tumorali riduce l’azione degli anticorpi e quindi la lisi delle cellule bersaglio. Sulla base di questo concetto abbiamo pensato di estendere la terapia anticorpale anche a queste molecole, isolando e caratterizzando degli anticorpi in grado di bloccare l’azione degli inibitori di membrana, affiancandoli poi ai comuni anticorpi terapeutici. In questo modo il sistema del complemento, attivato sulle cellule tumorali, non troverebbe ostacoli nella sua azione litica e potrebbe eliminare un maggior numero di cellule tumorali. 3. Se è ipotizzabile un’efficiente azione del complemento su cellule tumorali isolate o aggregati cellulari, è più difficile immaginare la riduzione di una massa tumorale già sviluppata solo attraverso la sua azione. Va ricordato che, se gli anticorpi possono diffondere nell’organismo, non è stata dimostrata la presenza di tutti gli elementi del sistema complementare nel micro-ambiente tumorale. E’ possibile quindi che anticorpi, con ottime prospettive dopo gli esperimenti su cellule in coltura, non dimostrino un reale effetto terapeutico negli esperimenti in vivo semplicemente perché manca il meccanismo effettore nella sede tumorale. Molte cellule dei distretti periferici, e le stesse cellule tumorali, possono produrre alcune proteine della cascata complementare, ma è indubbio che la maggior parte delle molecole del sistema del complemento sono prodotte dal fegato e circolano nel sangue. Creare dei danni ai vasi sanguigni intra-tumorali, oltre ad un effetto “anti-angiogenetico” diretto, permetterebbe quindi il passaggio delle proteine complementari dal circolo al micro-ambiente tumorale ed una migliore azione citotossica degli anticorpi antitumorali. A questo scopo abbiamo focalizzato la nostra attenzione sull’utilizzo di cellule endoteliali umane modificate geneticamente che possono venir reclutate dai vasi in via di formazione nelle masse tumorali ed in seguito venir lisate dal sistema del complemento in maniera specifica ed efficacie; in questo caso si indurrebbe, come auspicato, un aumento della permeabilità vascolare nelle regioni tumorali, con un passaggio di anticorpi anti-tumorali, proteine complementari e cellule effettrici proprio in quella sede. Con questi obiettivi ci siamo concentrati su alcuni modelli sperimentali: a) in primo luogo uno studio sul carcinoma ovarico utilizzando due anticorpi diretti contro due epitopi diversi di un antigene associato a questo tumore e che in precedenza, utilizzati singolarmente, non si erano dimostrati capaci di attivare il complemento. Questo studio è il risultato della collaborazione con l’Istituto Tumori di Milano ed in particolare con il gruppo della dottoressa Silvana Canevari, la quale ha potuto fornirci molti campioni prelevati da pazienti con carcinoma ovarico, utili per confermare i risultati ottenuti su linee cellulari. b) a fianco a questo ci siamo occupati delle leucemie linfatiche croniche, che esprimono sulla superficie cellulare due marker tumorali, CD20 e CD52, e contro cui sono diretti due anticorpi monoclonali utilizzati in clinica, Rituximab e Campath-1H. Sono state utilizzate cellule di pazienti con questa patologia, isolate e caratterizzate dal gruppo del dottor Valter Gattei del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (PN). c) Il Rituximab, primo anticorpo entrato in clinica nella terapia dei tumori, esercita la sua azione principalmente in seguito all’attivazione del sistema complementare; tale azione risulta però limitata dalla presenza degli inibitori di membrana del complemento, come già da noi dimostrato in uno studio in collaborazione con il gruppo della dottoressa Josee Golay dell’Istituto Mario Neri di Milano e degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Ogni linea di ricerca è partita con lo studio delle rispettive linee cellulari per avvalorare le idee proposte; i dati ottenuti sono stati poi confermati con analisi su campioni prelevati da pazienti o con modelli animali il più possibile rappresentativi della patologia umana. Una parte dei risultati sono stati oggetto delle pubblicazioni incluse, altri sono stati valorizzati dalla concessione di brevetti sulle molecole prodotte, altri ancora fanno parte di progetti tuttora in corso, ma nel loro insieme rappresentano la base di partenza degli studi che andremo a sviluppare in futuro.
  • XX Ciclo

Date

  • 2008-04-22T15:51:02Z
  • 2008-04-22T15:51:02Z
  • 2008-03-14
  • 1976

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier