• Mast cell interaction with myelin and oligodendrocytes a new process in the pathogennesis of multiple sclerosis
  • Medic, Nevenka

Subject

  • Mast cell
  • oligodendrocytes
  • multiple sclerosis
  • PATOLOGIA SPERIMENTALE E CLINICA
  • MED/04 PATOLOGIA GENERALE

Description

  • 2006/2007
  • Recentmente, sulla base di analisi morfologiche, biochimiche e genetiche delle lesioni dei pazienti affetti dalla SM e sul modello sperimentale della sclerosi multipla (SM), è stato proposto che i mastociti (MC) possano avere un ruolo nella patogenesi di questa malattia. Mastociti sono presenti sia nel sistema nervoso centrale (SNC) umano, sia in quello murino, e il loro numero aumenta in caso di alcune malattie. Nei topi, la maggior parte dei MC sono localizzati nel talamo e sono più degranulate nel modello sperimentale di encefalomielite allergica (experimental allergic encephalomyelitis, EAE), il modello sperimentale di SM. Componenti dei granuli di mastociti sono stati trovati nel fluido cerebrospinale dei pazienti colpiti da SM e, nelle lesioni di questi stessi pazienti, è stato trovato mRNA per proteine specifiche dei mastociti. Per quanto riguarda i modelli animali usati, i topi privi di MC (W/Wv) sviluppano una forma lieve di EAE, e, dopo la ricostruzione della popolazione di mastociti manifestano una patologia simile a quella dei topi wild type. Non è ancora chiaro il ruolo dei MC nello sviluppo della SM. Queste cellule potrebbero aumentare la permeabilità della barriera ematoencefalica (BBE), in seguito al rilascio di istamina, indurre la formazione dei peptidi encefalitogenici tramite l’attività proteinasica e presentare antigeni. Gli studi su topi W/Wv hanno dimostrato che i MC extracerebrali , possono innescare l’EAE suggerendo che l’attivazione dei mastociti al di fuori della sede di lesione può aumentare la permeabilità della BBB e, come conseguenza, promuovere l’entrata di linfociti T attivati nel SNC. Questa ipotesi richiederebbe tuttavia l’attivazione dei mastociti, evento il cui meccanismo è ancora sconosciuto. In alcune malattie demielinizzanti dell’uomo e degli animali, è stato visto che difetti nella fisiologia della mielina precedono lo sviluppo della malattia. Instabilità della mielina può portare alla vescicolazione degli oligodendrociti (ODC), processo che caratterizza le cellule endoteliali in caso di SM, e alla diffusione della mielina nell’ambiente extracellulare. Difetti della mielina possono essere il risultato dell’attività dell’enzima Peptidil Arginina Deaminasi (PAD), che converte residui di arginina in citrullina. Questo porta a una perdita di cariche positive, che rende la mielina sensibile alla vescicolazione e rende la MBP (myelin basic protein) più sensibile nei confronti dell’attività proteolitica. Musse e Harauz hanno riferito che Peptidil Arginina Deaminasi di tipo 2 (PAD2), presente nelle cellule mielinizzanti del SNC, può essere attivata da flusso di Ca2+ e può indurre modificazioni della MBP che portano alla perdita della struttura e stabilità della mielina, con apoptosi e rilascio dei epitopi encefalitogenici. L’incremento di deiminazione è un marker tipico della SM e di un modello sperimentale di SM; inoltre la MBP deiminato può indurre la frammentazione delle vescicole lipidiche. Esistono tanti esempi che danno supporto dell’ipotesi che l’instabilità della mielina può essere precedente alla malattia demielizzante. Tra questi sono inclusi pazienti con la forma cerebrale di X-linked adrenoleucodistrofia, il ceppo di ratti dmy, e il ceppo Lewis che over esprime le PLP, che presentano un basso livello di degenerazione della mielina ma svilupano una EAE più grave dei topi “wild type”. Inoltre è stato dimostrato che le cellule di oligodendroglioma rilasciano vescicole di mielina in coltura e così potrebbero indurre la diffusione di antigeni della mielina anche in sede extracerebrale. In caso di malattia demielinizzante indotta da Theiler’s Virus, la risposta immunitaria comincia con la presentazione di antigeni virali da parte di APC residenti in SNC alle cellule T CD4+. Anche in questo caso il danno agli ODC è precedente allo sviluppo della malattia. Un danno lieve agli oligodendrociti può indurre la vescicolazione della mielina e la sua diffusione. Come conseguenza, può essere innescata l’infiammazione ed il processo ripartivo, che potrebbe evocare la cascata di eventi che porta alle gravi lesioni degli oligodendrociti e neuroni nei pazienti SM. In conclusione è lecito considerare anche la possibilità che le risposte immunitarie ed infiammatorie, che caratterizzano le malattie demielinizzanti, possano essere una reazione ad processo neurodegenerativo, di natura sconosciuta. Le osservazioni riportate sopra, suggeriscono che la mielina stessa può essere il fattore nella cascata degli eventi che provoca autoimmunità. Di conseguenza, abbiamo ipotizzato che, le vescicole di mielina prodotte dagli oligodendrociti attraverso un processo degenerativo sconosciuto o le componenti della mielina usate per innescare l’EAE, possano interagire con i MC ed attivarli. Alcuni risultati suffragano di questa ipotesi. Per esempio, anticorpi di classe IgE anti-mielina sono presenti nel siero di alcuni pazienti affetti da SM, e possono essere presenti anche nel CSF di questi pazienti. Questi anticorpi, legati ad un antigene, possono stimolare direttamente i MC attraverso l’FcεR-I. Inoltre l’interazione dei mastociti con membrane provenienti da vari tipi di cellule (linfociti T, eosinofili, cellule Cajal, fibroblasti e le cellule endoteliali) induce l’attivazione e la maturazione dei MC: è quindi possibile che i MC possano essere attivati da mielina che rappresenta una parte specifica delle membrane degli oligodendrociti. Al fine di valutare la veridicità di questa ipotesi, abbiamo deciso di studiare il possibile ruolo delle vescicole di mielina (preparate da roditori sani ed EAE oppure da cervello umano), nell’innescare l’attivazione dei mastociti prelevati da peritoneo di ratto (RPMC). Abbiamo inoltre valutato l’eventuale interazione tra RPMC ed oligodendrociti provenienti da cervello di ratti neonati, in coltura. Nei nostri esperimenti abbiamo dimostrato che le RPMC aderiscono pozzetti coperti con mielina di topo o ratto, mentre più debole nei pozzetti rivestiti con BSA. Il grado di adesione è stato quantizzato con mezzi biochimici usando l’enzima chimasi come marker dei mastociti, e facendo riferimento ad una curva di taratura. Inoltre i RPMC aderiscono a pozzetti ricoperti con membrane dei neutrofili (PMN). Questi dati suggeriscono un’interazione tra RPMC e mielina di natura secifica. Le vescicole di mielina EAE inducono un incremento di adesione non significativamente diverso da quello riscontrato per la mielina isolata da cervello murino normale. I RPMC hanno mostrato un aumento dell’adesione paragonabile su pozzetti rivestiti da vescicole di mielina preparate da campioni autoptici di cervello umano. Per la purificazione della mielina, gli ODC vengono distrutti e le vescicole di mielina che ne derivano possono essere in conformazione sia “in-side out” (ISO), sia “right-side out” (RSO), e appaiono come delle strutture multi- o uni- lamellari. Le vescicole multi- o uni- lamellari, sono state separate e sembrano esercitare proprietà adesive non distinguibili nei confronti di MC di ratto. Per contro le vescicole RSO hanno proprietà pro-adesive (40,2±6,0%), mentre le ISO hanno bassa proprietà pro-adesiva (22,7±3,0%), simile a quella evidenziata nei pozzetti rivestiti da BSA. Visto che i pozzetti rivestiti da RSO stimolano l’adesione dei RPMC, in modo simile alle vescicole multi lamellari, abbiamo deciso di utilizzare quest’ultima preparazione (da cervello di ratto) per gli studi successivi. L’interazione con le vescicole mieliniche stimola fortemente il processo secretorio. Quest’ultimo è stato valutato dosando l’attività dell’enzima β-esosaminidasi (β-Exo) rilasciato da RPMC in contemporanea ai saggi di adesione sui pozzetti rivestiti da mielina. I PMN umani aderiscono sia alla mielina di ratto sia a quella di topo, ma la loro adesione non innesca il processo secretorio, valutato usando come marker l’enzima mieloperossidasi. Per avere ulteriori conferme sull’interazione tra mielina e MC, abbiamo deciso di utilizzare un saggio più preciso; a tal fine le vescicole di mielina sono state marcate con FITC e sono state utilizzate per l’analisi al citofluorimetro (FACS), dopo incubazione con RPMC. La mielina marcata con FITC si associa chiaramente ai RPMC in sospensione dopo 30 min di incubazione, confermando i dati ottenuti nel modello precedente. Avendo così dimostrato la forte adesione della mielina alle RPMC, ci siamo chiesti quale recettore potrebbe essere coinvolto. Siccome è noto che scavenger receptor A type I/II (SR/A type I/II) è responsabile dell’interazione tra macrofagi e mielina, ed i dati “in vivo” indicando la sua presenza su mastociti, abbiamo analizzato la possibilità che questo recettore potesse essere coinvolto nell’interazione tra mielina e mastociti. Usando la tecnica dell’immunoflurescenza abbiamo dimostrato che il recettore è presente sulla membrana di mastociti. Questo è stato confermato in analisi FACS e di Immunobloting. Per verificare se questo recettore è responsabile del riconoscimento della mielina da parte dei mastociti le vescicole di mielina marcate con FITC sono state incubate con mastociti e poi analizzate con FACS. Interazione è stata fortemente inibita dalla presenza dell’anticorpo anti SR-A. Forte inibizione è stata anche verificata con fucoidina (legando di SR-A) e con il peptide N-terminale usato per produrre l’anticorpo anti-SR-A. La tecnica di “quenching” con il trypan blue ha dimostrato che gran parte delle vescicole di mielina vengono ingerite da parte di mastociti durante i 30 minuti d’incubazione. Questa osservazione è stata confermata con la microscopia elettronica a trasmissione. Dopo il contatto con mielina i mastociti emettono lunghi e sottili pseudopodi, abbracciando e ingerendo le vescicole di mielina, ed alla fine rinchiudendole in un fagosoma. É stata osservata la secrezione dentro il fagosoma e nell’ambiente extracellulare. Al contrario neutrofili umani non sono in grado di ingerire mielina. Abbiamo trovato che mastociti producono e rilasciano anione di superossido durante l’interazione con la mielina. La quantità di superossido prodotta è paragonabile a quella prodotta da neutrofili stimolati con PMA, mentre più alta di quella prodotta dai macrofagi stimolati con mielina. I neutrofili umani non producono anione di superossido in presenza di mielina. Dopo aver dimostrato che RPMC interagiscono con la mielina, abbiamo deciso di indagare, usando il microscopio ottico ed elettronico, se RPMC sono in grado di interagire con oligodendrociti (ODC) in coltura. Le RPMC aderiscono al monostrato di ODC. L’adesione è sporadica corpi cellulari mentre è notevole su prolungamenti degli ODC. Anche i macrofagi aderiscono sul monostrato d’ODC in grado minore rispetto alle RPMC. Come nel caso dell’interazione tra vescicole di mielina e RPMC, il recettore anti-scavanger e il peptide N-terminale di SR-A, inibiscono in modo significativo l’interazione adesiva tra RPMC e ODC. I monostrati di ODC incubati con RPMC, vanno in contro a significative modificazioni morfologiche a partire da 90min di incubazione. Gli effetti sono osservabili già con l’aggiunta di 10000RPMC alle piastre di coltura. Queste alterazioni, osservate in tutti gli esperimenti effettuati, sono caratterizzate dalla contrazione del corpo cellulare e presenza di processi cellulari lunghi e sottili che connettono le cellule. I corpi cellulari e i nuclei sembrano più piccoli se paragonati a quelli di ODC non trattati. Inoltre le modificazioni coinvolgono tutte le cellule del monostrato, non solo quelle a cui si sono adese le MC, e ciò suggerisce che questo fenomeno sia dovuto al rilascio di fattori solubili prodotti dai mastociti. Lo stesso tipo do contrazione dei monostrati di ODC si è ottenuto aggiungendo alla coltura di ODC sonicato di RPMC o il medium di incubazione di RPMC stimolati con 48/80; anche l’istamina 0,1mM ha lo stesso effetto. Il meccanismo di questa alterazione è molto probabilmente dipendente dalle concomitanti modificazioni che abbiamo riscontrato negli ODC in presenza di RPMC. Gli ODC subiscono una forte modificazione sia a carico dei filamenti di actina, sia dei microtubuli in seguito all’adesione di RPMC, in confronto con ODC non trattati. La rete di actina appare impaccata attorno al nucleo, mentre l’assemblaggio della tubulina sembra più diffuso rispetto alle cellule non trattate, nelle quali si trova organizzata in agglomerati disposti lungo la trama di microtubuli. Riteniamo possibile che queste alterazioni siano determinate dall’ingresso di Ca2+ che abbiamo misurato negli ODC pochi secondi dopo l’interazione con RPMC usando la tecnica del “Ca2+ imaging”. In conclusione i nostri esperimenti suggeriscono che nella patogenesi dell’EAE e della SM umana un ruolo chiave possa essere giocato dall’interazione dei MC con la mielina, che, in diversi modi, può innescare e incrementare la reazione immune contro componenti della mielina e stimolare la progressione della malattia. Ipotizzando che le vescicole di mielina prodotte dagli ODC tramite il processo di vescicolazione causato dall’instabilità mielinica possa precedere e influenzare fortemente la progressione di EAE/MS tramite la stimolazione delle funzioni delle MC. Queste cellule possono incrementare la permeabilità della BBB, permettendo ad un maggior numero di linfociti T specifici per antigeni della mielina di raggiungere il cervello, inoltre possono presentare antigeni della mielina ai linfociti T.
  • Recently a role for mast cells in the pathogenesis of multiple sclerosis (MS) has been suggested, based on morphological, biochemical and genetic analysis of human lesions and on an animal model of the disease. Mast cells (MC) are present in the CNS of man and mouse with increasing number in certain diseases. In the mouse most MC are localized into the thalamus and appear to be mainly degranulated in experimental allergic encephalomyelitis a mouse model of MS. Accordingly, mast cell granule components are found in the fluids of MS patients and mRNA for mast cell specific proteins are strongly expressed in the MS lesions. In contrast to wild type mice, mast cell-deficient mice (W/Wv) develop a very mild experimental autoimmune encephalitis (EAE), however when reconstituted with MC’s these mice develop disease similar to control mice. What role MC’s play in the development of MS is not well understood. MC degranulation could increase the permeability of the blood brain barrier (BBB) through histamine release, induce the formation of encephalitogenic peptides through proteinase activity and present antigen. This scenario would require the activation of MC’s following their interaction with myelin or myelin components, but nothing is known about this putative event. In some demyelinating diseases of man and animal, a defect in myelin physiology has been shown to precede the overt disease. Myelin instability was observed that could result in oligodendrocytes (ODC) vesiculation, a process that also characterizes endothelial cells in MS, and myelin diffusion into the extracellular environment. Myelin defect are induced for example as a result of the action of peptidyl argininedeiminase (PAD) activity which convert arginyl residues to citrulline. The accompanying loss of positive charge makes myelin susceptible to vesiculation and MBP more susceptible to proteolytic activity. Musse and Harauz reported that peptidyl-arginine deiminase type 2 (PAD2), which is present in myelinating cells of CNS, can be activated by Ca2+ influx and induce the modification of MBP leading to loss of myelin structure and stability, apoptosis and release of encephalitogenic epitopes. Increased deiminating activity is part of the molecular hallmark of MS and of an animal model of MS and deiminated MBP can even induce fragmentation of lipid vesicles. Multiple examples exist supporting the possibility that myelin instability could precede overt demyelinating diseases. These include patients with the cerebral form of X-linked adrenoleukodystrophy, a subset of patients with MS, the dmy rat and the PLP overexpressing Lewis rats which show a low grade of myelin degeneration and an EAE induction that results in a more severe disease. Oligodendroglioma cells have been shown to shed membrane vesicles in culture and thus might induce diffusion of myelin antigens even outside the brain. In Theiler’s virus induced demyelinating disease the immune response is initiated by the presentation of virus antigens by CNS resident APC, to CD4+ T cells. Even in this case damage to ODC precedes the overt disease. A subtle ODC injury could induce myelin vesiculation and diffusion, then the process of inflammation and repair is triggered, which can in the presence of persisting antigen evoke a cascade of events leading to severe ODC and neuronal lesion. So the possibility that the immune/inflammatory response is itself a reaction to some initiating neurodegenerative process of myelin sheet must also be considered. The observations reported above suggest that myelin itself may be a factor in the cascade of events which eventually leads to autoimmunity. Accordingly we hypothesized that myelin vesicles produced by ODC through a degenerative process of an unknown nature or injected myelin components for triggering EAE, could interact with MC and activate them. With the aim of evaluating myelin-MC interaction, we set out to investigate the possible role played by myelin vesicles, prepared from normal or EAE rodents, or from human brain autoptic biopsies from healthy subjects, in triggering rat peritoneal mast cells (RPMC) activation. We have also investigated interaction between mast cells and oligodendrocytes prepared from neonatal rat brain. Here we show that rat peritoneal mast cells (RPMC) adhere to myelin coated wells, while the adhesion was weaker when the wells were coated with BSA. Mast cells adhered strongly on either rat or mouse myelin coated vesicles, but only weakly on uncoated wells or on wells coated with BSA, skim milk or neutrophil-membrane fraction. Of note, the myelin vesicles prepared from EAE mice induced an extent of adhesion which was not significantly different from that showed by the myelin isolated from normal mouse brains. RPMC showed a comparable extent of adhesion on well coated with myelin vesicles prepared from human brain autoptic samples. During myelin purification oligodendrocytes are disrupted and the myelin derived vesicles could reseal both in inside out (ISO) or right-side out (RSO) conformation, and appear as multilamellar or unilamellar structures. Multilamellar and unilamellar vesicles were separated and shown to exert un-distinguishable pro-adhesive properties for rat mast cells. Conversely RSO vesicles were pro-adhesive (40.2 + 6.0%), while ISO had a very low pro-adhesive property (22.7+ 3.0%) which was comparable to that of BSA-coated wells. Since RSO myelin-coated wells stimulate a RPMC adhesion which were not significantly different from that found for multilamellar myelin, we used the latter preparation, from rat brain, for all the other experiments. The interaction with myelin vesicles strongly stimulates mast cell secretory process evaluated by assaying free -hexosaminidase activity in the myelin coated wells contemporaneously to the adhesion assay. Human PMN also adhere to rat and mouse myelin as well, but their adhesion did not trigger the secretory process of the azurophilic marker myeloperoxidase. With the aim of further confirming the mast cell myelin interaction with a more precise assay, the myelin vesicles were labelled with FITC and employed for cytofluorimetric (FACS) analysis after incubation with RPMC. FITC-labelled myelin clearly sticks to RPMC in suspension after 30 min of incubation, thus confirming the data obtained by the amount of chymase remaining bound to the myelin coated wells after washing out non adherent cells. Having showed the strong myelin-mast cell interaction, we asked which receptor could be involved. Since it is known that the scavenger receptors type A (SR/A type I/II) mediate the myelin macrophage interaction and “in vivo” data suggest its presence on mast cells, we analyzed if this receptor could also being involved in myelin-mast cell interaction. We showed that the receptor is present on mast cell surface using immunofluorescence, confirmed the presence of SR-AI/II on mast cells with FACS and immunoblotting analysis. This receptor can be responsible for myelin recognition, since FITC-labelled myelin vesicles failed to interact with MC if blocking antibodies against SR-AI/II were included in the assay medium. A stronger reduction of myelin binding to mast cells was also found when fucoidan, a compound which is known to bind SR-A or the N-term peptide used to produce anti-SR-A antibodies, was included in the medium. In the cytofluorimetric analysis the trypan blue quenching showed that a significant part of mast cell interacting myelin vesicles were ingested in MC during the 30 min incubation. This latter aspect of mast cell-myelin interaction was also documented at the transmission electron microscope. Following myelin contact some mast cells emitted long and thin pseudopodia which could embrace and subsequently ingest the membrane vesicles and eventually imprisoned them in a tight phagosome. Granule secretion inside the myelin-containing phagosome and outside was also frequently observed. We also found that RPMC exposed to myelin vesicles produced a lot of superoxide anion which was produced and released outside the cell. RPMC were also shown to be able to adhere on ODC monolayer, the extent of adhesion of mast cells on ODC was not significantly increased by activating them with 48/80 compound but in this case many secreted granules were seen free and stuck on the ODC surface. As for myelin vesicle-RPMC interaction, anti-scavenger receptor antibodies and the N-term peptide of SR-A, significantly inhibited the adhesive interaction evaluated either by morphological or biochemical means. ODC monolayer underwent a significant morphological alteration with respect to untreated monolayer after the addition of RPMC. This alteration, observed in all the six experiments carried out, was characterized by a cell-body contraction leaving long and thin cell to cell connecting processes. The cell bodies and the nuclei appeared smaller with respect to untreated ODC. Noteworthy, the modification involved all the cells of the monolayer and not only those bearing adherent MC suggesting an effect of soluble factors released from RPMC. The same contraction of the ODC monolayer was obtained by adding to the ODC culture a mast cell sonicate, or the incubation medium of 48/80 stimulated RPMC. Of note the relative amount of 48/80 alone was without effect on ODC. Pure histamine 0.1 mM induced the same effect. During the interaction with ODC underwent a strong modification of both actin microfilament network and of interacting microtubules following RPMC adhesion with respect to untreated cells. The actin network appeared packed around the nucleus, while the tubulin assembly appeared more diffused than in untreated cells. Our data suggest that this modification could be induced by the Ca2+ influx which follows MC interaction and may be the cause of the subsequent triggering of programmed cell death. In conclusion we put forward the hypothesis that in the pathogenesis of EAE and perhaps MS in man, a key role may be played by the interaction of mast cells with myelin which in various ways can trigger and enhance the immune reaction to myelin components and stimulate disease progression. One possible scenario could be that myelin vesicles produced by olygodendrocytes via a vesiculation process determined by myelin instability can precede and strongly influence the progression of EAE/MS by stimulating mast cells functions. Mast cells can in turn increase the BBB permeability and allowing more (myelin) specific lymphocytes to reach the brain interior furthermore they can present myelin antigen to T lymphocytes. Assuming that BBB cannot hinder the exit of myelin vesicles from the brain, after a degeneration process leading to ODC vesiculation, these myelin vesicles may be able to interact with mast cells even outside the CNS. Even in this condition mast cells can activate T lymphocytes in the nodes and enhance the entry of these cells into the brain interior and hence EAE triggering.
  • XX Ciclo

Date

  • 2008-04-22T15:54:52Z
  • 2008-04-22T15:54:52Z
  • 2008-03-14
  • 1975

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier