• Studi neuropsicologici nella memoria di riconoscimento.
  • Smirni, Daniela

Subject

  • memoria di riconoscimento
  • PSICOLOGIA
  • M-PSI/02 PSICOBIOLOGIA E PSICOLOGIA FISIOLOGICA

Description

  • 2006/2007
  • Questo lavoro si colloca all’interno degli studi sulla multicomponenzialità delle funzioni mnesiche e sulla memoria di riconoscimento. È articolato in due parti. La prima parte del lavoro richiama il percorso storico che dalla teoria unitaria porta alla multicomponenzialità dei sistemi di memoria, a partire dai modelli bi-componenziali fino ai modelli multicomponenziali. La multicomponenzialità dei sistemi di memoria viene supportata dalle osservazioni su pazienti con danni focali unilaterali e disturbi selettivi in alcune componenti della memoria e non in altre. Pazienti con lesioni temporo-mesiali o talamiche sinistre mostrano deficit di memoria selettivi per memoranda verbali. Pazienti con lesioni temporo-mesiali o talamiche destre mostrano dei deficit di memoria selettivi per materiale non verbale. All’interno della memoria non verbale, sono state ulteriormente individuate delle dissociazioni selettive per tipo di materiale. Il sistema di memoria non verbale appare frazionabile in sottosistemi cognitivi funzionalmente indipendenti, uno specifico per i memoranda topografici ed uno specifico per i volti. Sembra probabile che tali sottosistemi cognitivi abbiano differenti substrati neuroanatomici. Da tali presupposti clinico-sperimentali deriva la necessità di utilizzare strumenti di valutazione con differenti tipi di memoranda che si dimostrino sensibili a cogliere deficit selettivi e capaci di esaminare la memoria verbale e non verbale nelle varie sottocomponenti. I paradigmi utilizzati nello studio dei sistemi di memoria sembrano anche essere sottesi da processi distinti. Il processo di recupero che si attiva con il paradigma di richiamo appare diverso da quello che si attiva durante una prova di riconoscimento. Sono stati documentati, infatti, pazienti con disturbi di memoria in prove di richiamo e prestazioni relativamente risparmiate in prove di riconoscimento. In ambiente anglosassone, sono stati elaborati una serie di test di memoria di riconoscimento, come il Recognition Memory Test (RMT; Warrington, 1984), che consentono una valutazione più articolata delle funzioni di memoria e l’individuazione di eventuali scadimenti che interessino selettivamente il riconoscimento di un determinato tipo di memorandum. Ancora oggi, invece, nel repertorio testologico italiano, non sono disponibili test di memoria che utilizzino un paradigma di riconoscimento e, sia nella ricerca che nella clinica, vengono frequentemente utilizzate le prove del RMT oppure test di riconoscimento sviluppati esclusivamente per la ricerca e non utilizzabili nella clinica perché non adeguatamente standardizzati. Sulla base delle evidenze sperimentali della letteratura e degli assunti teorici, obiettivo della prima parte della ricerca è stato la costruzione e la standardizzazione per la popolazione italiana di una nuova batteria di tre test che consenta la valutazione della memoria episodica di riconoscimento verbale e non verbale sia di volti non familiari che di stimoli topografici (edifici). La nuova batteria è stata standardizzata su un gruppo di 308 soggetti normali di differente età e scolarità, di entrambi i sessi. Nel campione esaminato, le prestazioni a tutte le tre prove sono risultate significativamente influenzate dall’età e dal livello culturale. Per tale ragione, è stato calcolato un fattore di correzione da applicare ai punteggi per eliminare l’influenza dell’età e della scolarità. In nessuna delle prove, invece, il fattore sesso ha contribuito in maniera significativa nel determinare il livello prestazionale. I tre nuovi test di memoria di riconoscimento risultano di difficoltà omogenea e possono, pertanto, considerarsi strumenti confrontabili per l’individuazione di deficit della memoria di riconoscimento in soggetti italiani. Consentono di valutare diverse componenti della memoria anterograda. In particolare, possono essere singolarmente valutate sia la memoria verbale che quella non verbale, sia per volti non familiari che per stimoli topografici (edifici). Ciò consente di caratterizzare il disturbo mnesico come selettivo o come globale e, nel caso di un disturbo non verbale, di individuare difficoltà materiale-specifiche per il riconoscimento di volti o di memoranda topografici. La normalità della distribuzione dei punteggi nelle varie fasce di età suggerisce che tali test potrebbero risultare utili anche nel monitoraggio delle funzioni di memoria, sia nelle amnesie conseguenti a lesioni focali, sia in quelle in corso di deterioramento demenziale. Nella letteratura neuropsicologica recente, vi è un aperto dibattito sulla memoria di riconoscimento se ritenerla un processo unico, o considerare che sia sottesa da due distinte componenti: recollection e familiarity. A tal proposito sono stati proposti due modelli: il modello duale e il modello unitario. Il modello duale considera recollection e familiarity due processi qualitativamente differenti. Recollection consente il recupero dettagliato dell’informazione e del contesto spazio-temporale in cui questa è stata acquisita. Familiarity determina la sensazione di aver già incontrato un certo stimolo, senza, tuttavia, ricordare le informazioni contestuali ad esso legate. In quest’ottica, i due processi risulterebbero sottesi da circuiti neurali distinti. L’ippocampo avrebbe un ruolo cruciale nei processi di recollection e le aree nell’adiacente giro paraippocampale, in special modo la corteccia peririnale, sarebbero implicate nei processi di familiarity. Il modello unitario, invece, riconduce le differenti prestazioni ai compiti di riconoscimento alla diversa intensità della traccia mnesica e considera recollection e familiarity come espressione di un unico processo con differenze solo di tipo quantitativo. Recollection si attiva quando la traccia risulta sufficientemente forte da consentire il richiamo anche di informazioni addizionali. Familiarity, invece, si attiva quando la traccia risulta troppo debole per richiamare anche informazioni contestuali. Secondo tale modello, i due processi risulterebbero sottesi da un unico network neuroanatomico che include l’ippocampo e le aree corticali ad esso adiacenti (cortecce entorinale, peririnale e paraippocampale). A fronte dei numerosi studi che hanno documentato il coinvolgimento del lobo medio-temporale (MTL) nei compiti di memoria di riconoscimento, alcune ricerche hanno indagato il ruolo dei lobi frontali. Tali recenti studi documentano una partecipazione della corteccia prefrontale (PFC) nei processi di recollection e familiarity, alimentando ulteriormente il dibattito sulle basi neuroanatomiche dei processi di recollection e familiarity. In che modo e in che misura, però, la PFC partecipi a tali differenti processi è ancora argomento dibattuto. Da una parte, alcuni studi evidenziano un importante contributo della PFC in entrambi i processi di recollection e familiarity. Per converso, altri studi ritengono che recollection e familiarity siano entrambe sostenute dalle regioni del MTL e che solo recollection usufruisca del contributo aggiuntivo della PFC. A tal proposito, gli esperimenti della seconda parte di questo lavoro sono finalizzati allo studio delle rappresentazioni dei processi di recollection e familiarity nella corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC). A tale scopo è stata utilizzata la Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) con treni a bassa frequenza, cioè con effetto inibitorio, applicata alla DLPFC di soggetti normali con procedura off-line. La rTMS è stata applicata sia nella DLPFC destra che in quella sinistra per evidenziare se recollection e familiarity sono diversamente lateralizzati nella DLPFC. La rTMS inibitoria, inoltre, è stata applicata sia prima dell’encoding di un compito di memoria di riconoscimento sia nella fase di ritenzione tra l’encoding e il retrieval per evidenziare se i processi di encoding e retrieval contribuiscono in misura differente nelle prestazioni di recollection e familiarity. Sono stati effettuati due esperimenti paralleli con procedure sovrapponibili ma con differenti tipi di memoranda. Il primo esperimento ha utilizzato memoranda topografici (edifici) ed il secondo memoranda verbali (parole). I risultati documentano il coinvolgimento della DLPFC in compiti di riconoscimento, sia quando viene utilizzato materiale non verbale che quando viene utilizzato materiale verbale. Nello specifico, la DLPFC risulta coinvolta sia nel processo di recollection che in quello di familiarity. I risultati, inoltre, evidenziano che la modulazione della rTMS produce effetti interferenti solo quando è applicata in fase di encoding. L’encoding, dunque, si rivela come il processo prevalente nell’elaborazione del materiale mnesico. Il livello della stima di recollection e familiarity durante un compito di riconoscimento viene modulato dal modo in cui lo stimolo viene codificato. Nell’applicazione in fase di retrieval, invece, non si evidenziano effetti significativamente differenti rispetto ai soggetti di controllo. Tale osservazione enfatizza il ruolo prevalente della codifica iniziale della traccia mnesica nei processi di memorizzazione. Infine, i dati rivelano una lateralizzazione in rapporto al tipo di materiale utilizzato. La rTMS inibitoria, infatti, causa un decremento significativo nelle prestazioni di riconoscimento quando viene applicata all’emisfero destro con memoranda topografici e all’emisfero sinistro con memoranda verbali. La lateralizzazione di recollection e familiarity, pertanto, risulta materiale specifica e non processo specifica. A tal proposito, non emergono evidenze a favore di un’indipendenza dei due processi di recollection e familiarity a livello frontale.
  • XX Ciclo

Date

  • 2008-05-08T12:08:28Z
  • 2008-05-08T12:08:28Z
  • 2008-04-18
  • 1975

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf
  • application/pdf

Identifier