• Architettura non ufficiale. L'autore anonimo come autore collettivo (1961-1966)
  • Not official architecture
  • Ugolini, Luca

Subject

  • architettura anonima
  • inquietudine professionale
  • autorganizzazione
  • PROGETT. ARCHITETT. E URBANA.
  • ICAR/14 COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA E URBANA

Description

  • 2006/2007
  • Cap. 01.0 Lessico Rielaborare il significato di alcuni termini come “vernacolare” “anonimo” è l’operazione di partenza per definire il concetto di architettura non ufficiale. Si comincia dunque col ricercare la radice storica-etimologica del termine “vernacolo” per sottolineare l’origine di un fraintendimento cronico nella tradizione disciplinare. La condizione di anonimato dell’oggetto e dell’autore sembrano i nodi sui quali posare lo sguardo per discutere il ruolo del progettista e la sua adeguatezza, come figura di collegamento tra pratiche artistiche e tecniche. Con la perdita dell’autore, proclamata in letteratura da Barthes, ed evidenziata in architettura da Rudofsky, si sottolinea un passaggio storico nella percezione di una professione in continuo mutamento; la vicinanza tematica con l’assegnazione di un “Compasso d’Oro a Ignoti”, voluto da Bruno Munari, per la qualità di alcuni oggetti d’uso comune, o la ricerca di Alexander della “qualità senza nome”, sono solo alcune tra le manifestazioni a conferma di un cambio di atteggiamento da parte del progettista nei confronti del suo ruolo. 01.1 Precedenti moderni Una lettura delle posizioni prese da alcuni architetti tra le due guerre, e la mostra della triennale organizzata da Pagano e Daniel sull’architettura rurale, sono i punti sui quali si concentra il testo. Uno sguardo indietro nel tempo si rende necessario per trovare le radici di un dibattito caratteristico del movimento moderno e che ha sempre condizionato l’evoluzione della pratica progettuale; il dibattito sembra dividere in due l’atteggiamento accademico e professionale, tra chi considera l’architettura anonima come espressione di “architettura sana e onesta” dell’umanità che si organizza per condividere gli spazi; chi, invece, ne reinterpreta gli stilemi,ricorrendo alla mimesi delle forme. Si esamina il periodo di formazione per la figura ritenuta centrale di Bernard Rudofsky, che animerà il dibattito sull’architettura anonima nella metà degli anni sessanta. Nell’esempio di Villa Oro di Luigi Cosenza e Rudofsky si individua uno dei massimi esempi di felice incontro tra osservazione dell’architettura anonima e pensiero moderno; l’attualità anche formale di questo manufatto è sorprendente e rappresentativa. Rudofky rappresenta la ricerca di un valore nell’architettura non ufficiale che è difficilmente riproducibile; ne vengono messe in luce le qualità aggregative e formali, e tali attenzioni, soprattutto nell’ambito italiano, saranno segno caratterizzante di una linea culturale che valicherà il segno di demarcazione della seconda guerra mondiale fino a tradursi nel neorealismo della ricostruzione. cap. 02.0 “Architecture without Architects”. Un’indagine testuale. La trattazione si snoda all’interno dell’arco cronologico dei primi anni sessanta mettendo in evidenza eventi di carattere editoriale ed espositivo che caratterizzano il dibattito sull’architettura anonima. L’evento della mostra Architecture without Architects è ritenuto snodo nel dibattito e occasione di ripensamento sul ruolo dell’architetto in una società in forte fermento. Gli stessi interessi di Rudofsky vengono individuati anche in una serie di testi di autori, anche distanti da loro, che tendono ad osservare il fenomeno spontaneo come possibile spunto per un rinnovamento delle tradizioni disciplinari. In questo arco cronologico si ritrovano, infatti, il testo di Christopher Alexander, Notes on the Synthesis of Form (1964), la ricerca di Fumihiko Maki, Investigations in Collective Forms (1964), le Complexity and Contradiction in Architecture di Robert Venturi fino al Il territorio dell'architettura di Vittorio Gregotti (1966); tutti testi che affrontano l’oggetto anonimo con sguardi diversi, celando la stessa inquietudine sul ruolo dei progettisti. Il capitolo si suddivide in quattro paragrafi che affrontano le similitudini e le differenze dell’interesse sull’architettura anonima in quattro contesti culturali diversi; negli Stati Uniti si evidenzia la politica culturale del MoMA con l’esposizione di Rudofsky e il testo di Venturi che tende ad una riedizione del vernacolo in chiave pop; la figura di Maki e del movimento Metabolist mostra come l’esperienza di architettura radicale riesce a trovare spunto dal fenomeno non ufficiale; il panorama europeo dimostra un’attenzione peculiare del vecchio continente nei confronti delle preesistenze architettoniche di carattere popolare e rurale con la Inquérito à Arquitectura Regional Portuguesa, un’analisi puntuale delle radici popolari dell’architettura portoghese, o con le attenzioni di Hollein nei confronti degli insediamenti Pueblo nel nord del Messico. In Italia si nota la fine di un percorso intellettuale e culturale che fin dagli anni trenta aveva osservato l’architettura rurale e mediterranea come fonte per una nuova architettura, con Gregotti e Il territorio dell'architettura si pongono le basi per un cambio di scala nell’osservazione del contesto antropogeografico, che si appoggia su interpretazioni formali per ricercare atteggiamenti nuovi nel progetto. Un episodio trasversale che attraversa gran parte del capitolo è l’occasione di un concorso internazionale sviluppato dalle Nazioni Unite e dal governo del Perù per realizzare alloggi popolari; il concorso PRE.VI. sembra offrire una verifica progettuale per alcuni dei personaggi individuati come agenti del cambiamento. Anche se il concorso si svolge nel 1968, sembra interessante comprenderlo nella trattazione dal momento in cui il suo bando si elabora nel 1966 ed è ricco dei contributi analitici di John Turner, un altro autore che ha tentato una attualizzazione dei fenomeni anonimi, riconoscendo nella formazione delle Barriadas di Lima un esempio di processo spontaneo della formazione di un habitat. Cap. 03.0 presenze contemporanee Dopo aver osservato il dibattito dei primi anni sessanta, risulta importante verificare l’attuale persistere dell’osservazione dell’architettura anonima. Il capitolo tenta di mettere in evidenza alcuni atteggiamenti che ereditano le tematiche care a Rudofsky e che la contemporaneità tende a riproporre con diverse chiavi di lettura. Le analisi di Koolhaas su Lagos e gli interventi di Aravena in Cile fanno emergere come l’osservazione del fenomeno spontaneo sia utile strumento di analisi ma rischioso strumento operativo; il rischio di populismo e di una rilettura delle forme anonime considerate unico fenomeno di trasformazione d’assieme dell’habitat, tendono ancora oggi ad influenzare le posizioni dell’architetto che si dedica allo studio di questi temi. Si noterà come spesso le osservazioni tendano ad estetizzare i fenomeni; un atteggiamento che rischia di sorvolare il fenomeno in maniera estetica per evitare inquietudini della pratica professionale. Risulta interessante la riproposizione del testo di Rudofsky in occasioni diverse che ne rileggono il valore dell’indagine, sia in campo artistico che strettamente attinenti all’architettura. Si giunge così ad una serie di indicazioni che riguardano i rischi derivanti dalle indagini sulle architetture anonime; il provincialesimo e il populismo come derive possibili portano a considerare il tema dell’architettura non ufficiale non come strumento per l’operabilità della materia architettonica, ma piuttosto come diversa lettura della contemporaneità attraverso le stratificazioni storiche; ne risulta occasione per una lettura della tradizione disciplinare del moderno più aderente alla sua genealogia plurale.
  • XX Ciclo
  • 1972

Date

  • 2008-05-19T09:46:48Z
  • 2008-05-19T09:46:48Z
  • 2008-04-18

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier