• Francesco Da Molino, Patrizio veneziano del Cinquecento e il suo compendio
  • Maggio, Silvia

Subject

  • Scrittura
  • Società
  • FORME CONOSC.STOR.MED.EV.ETA'CONTEMP.
  • M-STO/02 STORIA MODERNA

Description

  • 2006/2007
  • Questo lavoro ha come finalità la trascrizione e l’analisi del Compendio di me Francesco da Molino de m(esser) Marco delle cose, che reputerò degne di tenerne particolar memoria, del patrizio veneto Francesco Da Molino, aristocratico minore della Venezia del Cinquecento. Il manoscritto è conservato a Venezia, nella Biblioteca Nazionale Marciana, mss. Italiani, cl. VII, 553 (=8812). L’opera si è rivelata di vivo interesse per le molteplici informazioni da essa riportate. Francesco da Molino q. Marco, modesto mercante e giudice della Quarantia, Consigliere a Retimo, rettore a Pordenone e nella fortezza di Spinalonga, risulta essere un attento osservatore della realtà veneziana; egli si sposta nello spazio veneziano e cosparge il suo Compendio di annotazioni critiche sugli accadimenti avvenuti durante la sua vita. Il lavoro è organizzato in due parti. La prima, divisa in tre capitoli, si occupa di analizzare, usando come fonte il Compendio, la biografia del Molino, nato nell’aprile 1546 e deceduto nell’ottobre 1598, i suoi primi tentativi nella mercatura, che ebbero esito infelice, le cariche pubbliche da lui ricoperte da Avvocato ai Consigli (1568) fino a Provveditore a Pordenone. La seconda parte è costituita dalla trascrizione del Compendio stesso. PARTE PRIMA. Nel primo capitolo si dimostra, con l’ausilio delle dichiarazioni di decima della famiglia Molino, l’appartenenza dei da Molino al patriziato minore per possibilità economica e, di conseguenza, per ruoli ricoperti nella carriera politica. Quella dei da Molino non è povertà assoluta, ma è certamente povertà relativa, rispetto alla condizione patrizia, se le loro rendite vengono confrontate con quelle di famiglie illustri. Sono quindi esaminate le modeste cariche pubbliche con cui Francesco da Molino deve integrare le rendite familiari, senza potere aspirare a magistrature prestigiose come le ambascerie. Il secondo capitolo si occupa della rappresentazione della società veneziana nel Compendio; infatti il Molino è testimone, non solo dei più clamorosi avvenimenti politici, ma della vita veneziana (e dello Stato da mar) considerata in tutta la sua ricchezza e complessità. Il Compendio del Molino, così varia e spesso drammatica, ci porta dalle acque del Mare Egeo fino alla terraferma e all’Atlantico, e ci dice moltissimo sulla psicologia di un patrizio veneziano del ‘500 di mediocre ricchezza. Questa parte della ricerca intende proseguire sulla strada tracciata da storici come Alberto Tenenti e Ugo Tucci, che hanno portato negli studi su Venezia le novità metodologiche della scuola delle Annales. Si esamina inoltre la scrittura del da Molino, le sue intenzioni nel comporre l’opera, la sua formazione culturale, il suo rapporto coi possibili lettori del Compendio. L’opera viene confrontata con la cronachistica veneziana ed i diari coevi, nella sua funzione di archivio politico della nobiltà, con descrizione di esperienze, viaggi, osservazioni, critiche. Ci sono alcuni episodi nei quali il Molino non solo rappresenta una delle testimonianze più significative per lo storico, ma raggiunge - entro i limiti del suo stile - una notevole efficacia narrativa e, soprattutto, esprime con chiarezza la sua visione della vita e della società veneziana: vengono analizzati in particolare l’incendio di Palazzo Ducale e alla sua ricostruzione, da cui apprendiamo qualcosa sulla visione artistica del Molino, e gli episodi in cui appaiono le rare figure di donne, comuni o straordinarie, tratteggiate dal Molino (la madre, Bianca Cappello, Vittoria Accoramboni) ed ancora l’episodio dell’alchimista Mamugna, che ci presenta una sorta di summa della capacità del Molino di descrivere realisticamente gli atteggiamenti dei vari gruppi sociali, compresi i ceti dirigenti, principi e patriziati di fine ‘500, che si disvelano ai nostri occhi come assai poco saggi e prudenti: sicché la pietra filosofale del Bragadin si trasforma per noi in una cartina al tornasole dell’Italia della Controriforma. Il terzo capitolo intitolato “Politica e religione” vede il Molino testimone della riforma costituzionale veneziana del 1582-83 e partecipe dell’atteggiamento anticuriale di larga parte del patriziato alla vigilia dell’Interdetto. Il Compendio del Molino è stato talvolta utilizzato, accanto ad altre testimonianze, per cercare di delineare - sulle orme di Leopold von Ranke - caratteri ed orientamenti del cosiddetto patriziato “giovane” nei decenni precedenti all’Interdetto e in particolare nel periodo della crisi costituzionale, che condusse alla riforma del Consiglio dei X del 1582-3 e alla definitiva abolizione della sua “Zonta”. Essendo la questione complessa, si impone l’esigenza di un rinnovato contatto con le fonti, che, senza escludere a priori la possibilità di recuperare le formule già impiegate da qualificati osservatori contemporanei della vita pubblica veneziana, come nunzi e ambasciatori, per descrivere certe dinamiche interne alla politica del Senato, restituisca però più concretamente l’identità dei singoli personaggi e la specificità delle voci che concorrevano, con varie motivazioni, a dar vita alle tendenze anticuriali di una parte del patriziato veneziano. Storici e politici più profondi del Molino, come Paolo Paruta coglieranno nel papato post-tridentino una fatale tendenza all’accentramento, destinata a sfociare proprio durante il pontificato di Sisto V. Non a caso, è proprio questo accentramento di poteri che conferisce un aspetto più drammatico alle vertenze fra Venezia e Roma. Il Molino non si sofferma più di tanto su questi temi, ma –con la sua sensibilità di patrizio- riesce a cogliere il contrasto tra Venezia e Roma, fra l’idea di una città libera retta da un’aristocrazia che conserva un’apparente eguaglianza repubblicana e il papato romano, che esprime l’esigenze dello Stato assoluto, esaminando tale conflitto sotto un profilo affatto particolare, quello delle procedure di estradizione da Venezia allo Stato pontificio. APPENDICE. In appendice sono riprodotte le fonti archivistiche più importanti per la biografia del da Molino e per una piena comprensione della sua opera: accanto ai dati biografici (registrazione della nascita e del decesso), e alle notizie economiche (il contratto di matrimonio del padre, le dichiarazioni di decima), sono trascritti i dispacci dell’ambasciatore Sigismondo Cavalli da Madrid, sulla missione del da Molino in Spagna nel 1567 per la liberazione della nave Giustiniana; vengono documentati i contrasti giurisdizionali fra il da Molino rettore a Pordenone e il Consiglio dei Dieci e Zonta nel 1580-1581, e viene trascritta la relazione sulla fortezza di Spinalonga, del 1586. PARTE SECONDA. La seconda parte contiene l’edizione critica del Compendio, preceduta dall’indicazione dei criteri di edizione qui adottati e accompagnata da note storiche e filologiche. Concludono l’opera l’indice analitico, comprendente i personaggi, i luoghi e gli avvenimenti citati nel Compendio, e la bibliografia.
  • XX Ciclo
  • 1975

Date

  • 2008-05-20T11:30:22Z
  • 2008-05-20T11:30:22Z
  • 2008-04-23

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier