• Infrastrutture critiche: prospettive nazionali ed europee per la creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia
  • Di Matteo, Giovanni

Subject

  • infrastrutture critiche europee - spazio di libertà giustizia sicurezza
  • politiche di sicurezza europea
  • reti transeuropee TEN politica estera di sicurezza comune
  • GEOPOLITICA,GEOSTRATEGIA E GEOECONOMIA
  • M-GGR/02 GEOGRAFIA ECONOMICO-POLITICA

Description

  • 2007/2008
  • La sicurezza nazionale ed internazionale è il principale obiettivo a cui tendono le politiche nazionali e sovranazionali delle moderne società. La complessità dell’organizzazione sociale, se da un lato consente standard di vita di qualità elevata, dall’altro implica l’utilizzo di complessi apparati infrastrutturali che consentono di semplificare e velocizzare le principali attività umane. Il tema della sicurezza, negli ultimi anni, riveste particolare importanza a causa del diffondersi dell’allarme legato al terrorismo internazionale. Tale fattore ha contribuito a generare un diffuso senso di insicurezza, avvertito in modo generalizzato dalla maggior parte dei cittadini degli Stati industrializzati. Per tali ragioni gli Stati e le Organizzazioni internazionali e sovranazionali, al fine di tutelare la sicurezza delle società, si preoccupano di affrontare le principali minacce che possono provenire sia da attentati terroristici che da catastrofi, calamità naturali o semplici errori umani. In Europa la politica comunitaria in tema di sicurezza ha conosciuto varie tappe che hanno portato la Comunità europea (poi Unione europea) ad elaborare forme di cooperazione intergovernativa limitate ad ambiti settoriali. In una prima fase nel settore della Giustizia e Affari interni è stato impiegato il metodo intergovernativo. Solo con il Trattato di Amsterdam si ottiene una parziale apertura verso l’impiego del metodo comunitario, che vede la partecipazione diretta delle Istituzioni comunitarie nell’adozione di decisioni vincolanti per tutti gli Stati membri. Successivamente, la Costituzione dell’Unione europea ha fatto enormi passi in avanti, prevedendo il totale impiego del metodo comunitario nella materia. La mancata ratifica della Costituzione europea, però, ha bloccato l’applicazione di questa impostazione innovativa. E’ emersa, a quel punto, l’esigenza di adottare un nuovo Trattato che supplisse la mancata ratifica della Costituzione europea. Il nuovo “Trattato di riforma”, il così detto Trattato di Lisbona ripropone l’impiego del metodo comunitario in tutta la materia della sicurezza interna, prevedendo, però, delle limitazioni a favore di alcuni Stati. In tal modo si dimostra che le pregiudiziali degli Stati membri in merito a restrizioni della propria sovranità nazionale in materia di sicurezza, ancora oggi, non sono del tutto superate. Si punta, pertanto, a combattere le principali minacce che minano la sicurezza interna europea con una visione nazionale, quando, al contrario, la principale minaccia stessa, ovvero il terrorismo internazionale, ha una dimensione sovranazionale. La difesa della sicurezza interna, inoltre, passa per la protezione dell’apparato infrastrutturale che governa il meccanismo di funzionamento delle società moderne. Anche in questo campo si pone un problema di governance della materia e di compatibilità delle misure di protezione offerte da singoli Stati, rispetto a standard di protezione che dovrebbero essere omogenei ed uniformemente applicati in tutto il territorio comunitario. Infatti, l’adozione di standard differenziati di misure di protezione rispetto ad infrastrutture che hanno una dimensione sovranazionale farebbe sì che gli Stati che spendono di più per offrire maggiori garanzie di sicurezza, vedrebbero vanificati i loro sforzi se, ad esempio, lo Stato vicino, che utilizza la medesima infrastruttura o rete infrastrutturale, adottasse standard di protezione più bassi. Standard di protezione omogenei, a livello europeo, sono richiesti in particolare nel campo delle infrastrutture critiche, ovvero apparati infrastrutturali destinati ad erogare servizi o prestazioni in settori vitali. Le infrastrutture critiche sono le arterie grazie alle quali si mantengono in vita le moderne società. L’acqua, l’energia, la salute, ma anche il trasporto, la comunicazione e l’economia vengono assicurati e garantiti grazie a infrastrutture primarie e insostituibile che, se venissero meno in modo improvviso e senza la possibilità di adottare contromisure, potrebbero causare non solo danni economici, ma anche la morte di migliaia di persone. L’Unione europea ha predisposto interventi legislativi in detto settore a partire dalla sottoscrizione del Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, con il quale l’Unione europea ha sancito la creazione di uno “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. L’art. 1, comma 5, del Trattato di Amsterdam prevede tra gli “Obiettivi” dell’Unione europea quello di “conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima”. Con la Comunicazione n. 184 della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 10 maggio 2005, la Commissione dell’Unione europea propone l’adozione del “Programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni. Partenariato per rinnovare l’Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia”. Il Programma dell’Aia, adottato dal Consiglio europeo nel novembre 2004, elenca dieci priorità dirette a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia nei successivi cinque anni (2005-2010). Le priorità riguardano, fra l’altro, il rafforzamento dei diritti fondamentali e della cittadinanza, la lotta contro il terrorismo, la definizione di una gestione integrata delle frontiere esterne dell’Unione, l’elaborazione di un’impostazione strategica per far fronte alla criminalità organizzata, la condivisione della responsabilità e degli interventi di solidarietà. Partendo da tali premesse l’Unione europea individua le linee strategiche del suo intervento legislativo nel settore della protezione della sicurezza interna. Ed è in tale sede che l’Unione europea considera, come elemento fondamentale per la garanzia della sicurezza europea, la protezione dell’apparato infrastrutturale europeo. Risulta evidente, però, il fatto l’Unione europea si preoccupa di disciplinare la protezione delle infrastrutture europee esclusivamente nell’ambito della lotta al terrorismo. Tale approccio non risulta essere pienamente soddisfacente poiché le cause di default di un’infrastruttura critica potrebbero scaturire da un attacco terroristico, ma anche da un malfunzionamento, da un errore umano o da una calamità naturale. La stretta interconnessione delle infrastrutture critiche europee le rende maggiormente vulnerabili rispetto ad eventuali attacchi terroristici, ma anche rispetto a catastrofi o a calamità naturali. Gli eventi calamitosi e catastrofici hanno spesso ripercussioni a livello transfrontaliero, cosicché risulta necessario che gli Stati membri dimostrino solidarietà reciproca e pongano in essere un sistema di risposta a livello comunitario. Una strategia efficace deve puntare sia sulla prevenzione che sulla gestione delle conseguenze di attacchi e catastrofi, così come prevede il Programma dell’Aia. Per essere efficiente, il sistema europeo di protezione delle infrastrutture critiche deve favorire lo scambio di informazioni sulle minacce comuni e mettere a punto adeguate misure e strategie per ridurre il rischio, soprattutto, ma non solo, di attentati a sfondo terroristico. A livello europeo, diventa necessaria l’istituzione di un sistema di analisi dei rischi, onde garantire l’interoperatività dei principali soggetti coinvolti a diverso titolo nella dimensione della sicurezza. È fondamentale che le norme, le regole e la loro applicazione pratica siano ovunque le stesse, anche se non è necessario che tutti i Paesi dispongano di sistemi identici. L’Unione europea, dunque, nel settore della protezione delle infrastrutture critiche è chiamata ad assumere un ruolo di coordinamento, poiché in molti casi l’efficacia delle misure nazionali dipende dalle attività di collaborazione a livello transfrontaliero. Per tali ragioni, nel dicembre 2008 è stata adottata la Direttiva 2008/114/CE da parte del Consiglio dell’Unione europea relativa “all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione”, finalizzata alla predisposizione di una disciplina quadro in materia di infrastrutture critiche europee. Lo scopo di tale intervento legislativo concerne l’individuazione delle infrastrutture critiche con una dimensione europea (ICE). L’individuazione delle ICE potrà avvenire soltanto mediante una procedura comune volta alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione. Ciò che preoccupa maggiormente le Istituzioni comunitarie è il fenomeno che viene definito ridondanza dei sistemi infrastrutturali. Tale fenomeno comporta che un guasto (di natura accidentale o dolosa) in un’infrastruttura possa facilmente propagarsi, con un effetto domino, ad altre infrastrutture amplificando i suoi effetti e provocando disfunzioni e malfunzionamenti anche ad utenti remoti, sia dal punto di vista geografico che funzionale, rispetto al punto ove si è verificato il guasto iniziale. Questo anche in considerazione del fatto che, soprattutto in seguito alla diffusione delle nuove tecnologie, le infrastrutture hanno sviluppato una crescente interdipendenza per cui azioni svolte in un settore possono avere immediate ripercussioni su altri settori anche non correlati ai primi. Nel settore dell’energia, l’interconnessione delle reti, in realtà, consente di diminuire i fenomeni di dipendenza da fornitori unici e, dunque, garantisce l’alternatività degli approvvigionamenti con enormi vantaggi in termini di sicurezza, qualità ed economicità del servizio. Per tali ragioni l’Unione europea ha predisposto, nell’ambito della sua politica volta allo sviluppo delle reti trans europee (TEN), la creazione di ulteriori infrastrutture di collegamento detti “connettori” in grado di collegare il territorio europeo ad altri mercati da cui attingere risorse energetiche in modo da diminuire la sua dipendenza rispetto alle aree da cui tradizionalmente si rifornisce. Le infrastrutture energetiche presentano, a causa della loro estesa diramazione territoriale e a causa della importanza economica che rivestono, un’importanza strategica che richiede necessariamente una gestione della sicurezza realizzata a livello sovranazionale. Inoltre, tali infrastrutture essendo collocate parzialmente anche in territori esterni all’Unione europea, richiederebbero interventi europei maggiormente incisivi e volti a ottenere maggiori garanzie circa la loro messa in sicurezza. Allo stato attuale, l’Unione europea ha realizzato notevoli passi in avanti in merito allo sviluppo e al potenziamento delle reti transeuropee nei diversi campi del trasporto, dell’energia e delle comunicazioni. Tali infrastrutture risultano di prioritaria importanza per la creazione di uno spazio comunitario fortemente integrato ed interconnesso, ma richiedono un approccio sovranazionale in termini di gestione, di finanziamento degli interventi e in termini di governance della sicurezza. I provvedimenti emanati e il modello organizzativo adottato dagli Stati membri per la salvaguardia della sicurezza interna e per la protezione delle infrastrutture critiche collocate sui territori sono differenti. Da un’analisi comparatistica risulta, infatti, che alcuni Paesi si specializzano e si concentrano su determinati settori ritenuti particolarmente sensibili, altri preferiscono affidarsi ad organi singoli a cui affidano una competenza generale in tema di infrastrutture critiche, altri Paesi, al contrario, preferiscono attribuire ulteriori funzioni relative alla protezione delle infrastrutture critiche ad enti già esistenti ed operanti in specifici settori. Alcuni progetti finanziati dall’Unione europea e predisposti da un partenariato internazionale, a cui hanno aderito anche alcuni enti di ricerca italiani, quali l’ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie l’Energia e l’Ambiente) e il CRIAI (Consorzio Campano di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale) affrontano temi importanti in materia di infrastrutture critiche. In particolare, il progetto “DIESIS” (Design of an Interoperable european federated Simulation network for Critical Infrastructures) affronta il tema dell’analisi delle interconnessioni e delle interdipendenze mediante l’impiego di tecniche di modellazione e simulazione informatiche. In tale contesto vengono proposte tecniche volte a realizzare l’integrazione di diversi software impiegati per la protezione di infrastrutture operanti in diversi settori. Il progetto “Governo e sicurezza delle reti tecnologiche ed energetiche” si concentra, invece, sulla tematica della protezione delle infrastrutture critiche ad estesa ramificazione territoriale, come le infrastrutture energetiche (elettriche e petrolifere). Tale progetto analizza il concetto di rete infrastrutturale e di interdipendenze geografiche o territoriali. Le conseguenze e i rischi correlati vengono analizzati sotto diverse angolazioni. Si prevede l’impiego delle analisi delle interdipendenze, ad esempio, grazie alle quali è possibile realizzare le così dette “analisi di scenari”, ovvero prefigurazioni virtuali volte ad anticipare gli effetti negativi causati da sospensioni o arresti dell’erogazione di un servizio. Le analisi di scenario sono finalizzate allo studio di contromisure che possano evitare o mitigare gli effetti dannosi di malfunzionamenti di infrastrutture, cagionati da comportamenti umani dolosi o colposi, da calamità naturali o da semplici guasti tecnici. Infatti, le reti che connettono i diversi apparati infrastrutturali devono permettere l’operatività delle infrastrutture in normali condizioni di funzionamento, ma anche e soprattutto garantire un’adeguata capacità operativa in caso di eventi critici (attività di business continuity). Per il loro funzionamento, tali infrastrutture si basano sempre di più su sistemi di telecomunicazione. Per tali ragioni il progetto prevede la creazione di tre nuovi Centri di ricerca, denominati “Dimostratori”, proprio per il ruolo innovativo che intendono rivestire. Il primo è il Centro Nazionale di Analisi e Simulazione di Infrastrutture Critiche, da realizzare presso il Centro ENEA di Portici che sarà messo a disposizione degli operatori delle diverse infrastrutture ed in particolare del Dipartimento della Protezione Civile, per la creazione di un “Centro di Competenza” sul tema della protezione infrastrutture critiche. Il secondo Dimostratore è il Laboratorio di integrazione e prova (Testbed), da realizzare presso il Centro ENEA di Casaccia (con sede in Roma), per lo sviluppo, l’integrazione e il test delle tecnologie e delle soluzioni ICT sviluppate allo scopo di diminuire la vulnerabilità delle Grandi Reti Tecnologiche e prevenire i fenomeni di caduta in cascata attraverso la condivisione di informazioni in tempo reale. Il terzo Dimostratore sarà istituito presso il Centro ENEA Trisaia, (con sede in Rotondella, MT), e sarà finalizzato a realizzare un sistema di Early Warning per la protezione delle reti di distribuzione di olio combustibile, gas metano, elettricità ed acqua potabile, con un’applicazione pilota per l’area dei pozzi petroliferi situati nella Val D’Agri, in Basilicata.
  • XXI

Date

  • 2009-04-28T12:22:50Z
  • 2009-04-28T12:22:50Z
  • 2009-03-03
  • 1977

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier