• Nuovi approcci sperimentali nell'immunoterapia di patologie oncoematologiche
  • Secco, Erika

Subject

  • immunoterapia
  • sistema del Complemento
  • oncoematologia
  • modelli animali
  • anticorpi bispecifici
  • PATOLOGIA SPERIMENTALE E CLINICA
  • MED/04 PATOLOGIA GENERALE

Description

  • 2007/2008
  • Il cancro e le malattie cardiovascolari rappresentano le prime cause di morte nei paesi sviluppati; se queste ultime possono beneficiare di terapie chirurgiche e farmacologiche sempre più efficaci, i tumori, soprattutto alcuni tipi, continuano a essere patologie con poche alternative terapeutiche. Nella maggior parte dei casi la chirurgia rappresenta la principale arma per eliminare le masse tumorali, mentre la chemioterapia e la radioterapia cercano soprattutto di eliminare le cellule residue agendo sulla loro continua proliferazione, ma mancano di una reale specificità d’azione e causano ancora notevoli effetti collaterali. Le terapie più innovative puntano invece a sfruttare il sistema immunitario umano come meccanismo effettore. I tumori però derivano da cellule del nostro organismo ed il fatto che abbiano potuto svilupparsi dimostra che il nostro sistema immunitario non li riconosce come estranei e non costruisce contro di essi una risposta efficace. I meccanismi effettori del sistema immunitario sono quindi potenzialmente in grado di distruggere in maniera selettiva le cellule tumorali e di causare in questo modo pochissimi effetti collaterali, ma necessitano di qualcosa che indirizzi e faccia partire la loro azione. L’utilizzo dell’immunoterapia come strumento antitumorale vuole appunto studiare dei metodi che permettano di raggiungere in maniera molto selettiva uno specifico bersaglio e di attivare di seguito il sistema immunitario, cosa che avviene principalmente grazie all’utilizzo degli anticorpi. I loro meccanismi d’azione, una volta legati alle cellule tumorali, in maniera dipendente dall’antigene a cui si sono legati, si basano essenzialmente sull’induzione di processi apoptotici, sull’attivazione della citotossicità cellulare e sull’attivazione della cascata complementare. Diversi autori hanno messo in risalto il fatto che gli anticorpi più efficaci in clinica sono proprio quelli con la maggior capacità di sfruttare quest’ultimo meccanismo. Il suo principale vantaggio sta proprio nell’azione rapida e diretta, che non necessita dell’attivazione di processi intracellulari (come l’apoptosi) o del richiamo di cellule effettrici nella sede in cui si è sviluppato il tumore (citotossicità cellulare). Non tutti gli anticorpi però sono in grado di raggiungere un soddisfacente effetto terapeutico perciò in questi tre anni abbiamo tentato di individuare le cause di questi insuccessi e abbiamo cercato di intervenire per proporre delle nuove strategie da utilizzare nell’immunoterapia dei tumori o di migliorare quelle esistenti. Poiché le cellule tumorali, derivando da cellule del nostro organismo, esprimono e spesso over-esprimono sulla loro superficie delle molecole la cui funzione fisiologica è quella di inibire un’attivazione indesiderata della cascata complementare, una possibile strategia che abbiamo vagliato è stata tentare di potenziare l’effetto terapeutico degli anticorpi utilizzando delle molecole capaci di bloccare l’azione degli inibitori di membrana del complemento e affiancandole ai comuni anticorpi terapeutici. In questo modo il sistema del complemento attivato sulle cellule tumorali, trovando meno ostacoli nella sua azione litica, può eliminare un maggior numero di cellule tumorali. L’inefficacia o la scarsa efficacia di una molecola anticorpale può però anche derivare da un’insufficiente concentrazione degli antigeni presenti sulla cellula tumorale, cosa che non permette agli anticorpi di avere una vicinanza adeguata per attivare il sistema complementare. Abbiamo visto che questo problema può in parte essere risolto utilizzando anticorpi diretti contro due diversi antigeni presenti sulla superficie delle cellule tumorali, fatto che crea una densità anticorpale sufficiente ad ottenere buona attivazione complementare anche sfruttando molecole poco espresse sulla superficie delle cellule tumorali. Un ulteriore meccanismo che può incrementare le potenzialità dell’immunoterapia a scopo antitumorale è poi quello di colpire le cellule tumorali attraverso più bersagli, responsabili dell’innesco di meccanismi tumoricidi diversi. Oltre alla frequente attivazione della lisi mediata dal complemento, allo scopo di eliminare la cellula tumorale, abbiamo quindi anche indagato la pathway apoptotica. In ogni caso risulta essenziale effettuare un targeting specifico affinché anticorpi di cui le funzioni possono essere strettamente correlate e sinergiche, riescano a raggiungere la medesima cellula tumorale e ad esplicare in quella sede il loro effetto terapeutico. Con questi obiettivi ci siamo concentrati su alcuni modelli sperimentali: A) in primo luogo abbiamo voluto indagare il ruolo delle mCRP nell’immunoterapia del mieloma multiplo, (MM) utilizzando come antigene associato al tumore PSGL1. Questo studio è il risultato della collaborazione con l’Università di Palermo ed in particolare con il dottor Claudio Tripodo. B) a fianco a questo ci siamo occupati del linfoma Non-Hodgkin’s (LNH) e delle leucemie linfatiche croniche (LLC), che esprimono sulla superficie cellulare due marker tumorali, CD20 e CD52, contro cui sono diretti due anticorpi monoclonali utilizzati in clinica, Rituximab e Alemtuzumab di cui abbiamo indagato gli effetti derivati da un regime di co-trattamento. Per lo studio relativo al linfoma abbiamo utilizzato una linea cellulare, ma per quello sulle leucemie, mancando una buona linea cellulare, abbiamo dovuto utilizzare campioni di cellule di pazienti affetti da questa patologia, che abbiamo avuto grazie alle collaborazioni con il dottor Valter Gattei del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (PN) e con il dottor Gabriele Pozzato dell’Ospedale Maggiore di Trieste. C-D) alla luce della forte esigenza di possedere dei validi modelli animali per lo studio di associazioni di farmaci o per lo sviluppo di nuove molecole, dopo aver effettuato un accurato studio preliminare dei modelli animali esistenti, relativi a tre delle patologie ematologiche più diffuse, (mieloma multiplo MM, linfoma Non-Hodgkin LNH e leucemia linfatica cronica LLC), abbiamo allestito un modello animale di linfoma di Burkitt in topi SCID. Nell’ambito della collaborazione con il Centro di Biomedicina Molecolare di Basovizza (TS) mediante l’emergente tecnologia di Imaging Ottico, questo stesso modello è servito per indagare più approfonditamente quale fosse la diffusione del cellule neoplastiche in vivo e la biodistribuzione di un farmaco già noto in clinica come Rituximab. E) grazie a questo stesso modello sempre nell’ambito di studio del LNH abbiamo valutato il potenziale terapeutico di altre due molecole, derivate dagli studi del gruppo della prof.ssa Paola Secchiero dell’Università di Ferrara, e cioé di una forma ricombinante di TRAIL e del minibody MB2.23 anti-TRAIL-R2. F) col proseguire dei nostri studi è in seguito diventata sempre più forte l’esigenza di ottenere un targeting farmacologico specifico sulla cellula tumorale, allo scopo di avere un sinergismo tra agenti terapeutici diversi. E’ stata quindi progettata nel nostro laboratorio una nuova molecola anticorpale che potesse rispondere a questa esigenza. Questa molecola, che abbiamo chiamato minibody bispecifico, è caratterizzata dall’avere una doppia specificità indirizzata verso l’antigene tumore associato del LNH CD20 e verso l’inibitore di membrana del complemento CD55, che assieme al CD59, costituisce uno dei maggiori ostacoli al funzionamento della molecola tutt’ora usata in clinica per il trattamento del LNH e cioè di Rituximab. Il minibody, è stato interamente costruito mediante tecniche di biologia molecolare che hanno portato alla costruzione di un unico vettore d’ espressione contenente entrambe le specificità in un’unica cornice di lettura. Il ScFv che riconosce il CD20 è stato ricostruito sulla base della sequenza depositata dell’anticorpo commerciale Rituximab, il ScFv che lega il CD55 è invece stato isolato nel nostro laboratorio da una libreria anticorpale e, nel novembre 2005, ha ricevuto il brevetto U.S.A. depositato al numero WO 2006IL00521. Il minibody bispecifico è stato quindi prodotto in un sistema d’espressione eucariotico (CHO-s) e, una volta confermata la sua efficienza di legame alle cellule e la sua funzionalità, è stato purificato mediante tecniche cromatografiche. A completamento della sua caratterizzazione funzionale è ora anche iniziato lo studio della distribuzione e dell’efficacia di questo minibody bispecifico come agente terapeutico nel modello animale di topi SCID. Per un possibile uso in terapia dell’anticorpo qui descritto è indispensabile saggiare la sua capacità di aumentare l’efficienza del Rituximab di indurre CDC, almeno là dove l’azione di Rituximab risulti essere fortemente ostacolata dalla presenza degli inibitori del complemento o dove si sviluppino altre forme di resistenza a questa molecola già ampiamente utilizzata in clinica. La strategia utilizzata per il clonaggio di questo vettore, e il sistema d’espressione qui messo a punto, sono proposti come un approccio applicabile alla produzione di altri anticorpi dello stesso tipo, ma con altre specificità, infatti il vettore presenta una struttura modulare che può essere utilizzata come base per il clonaggio di diversi scFv, utili per la terapia antitumorale. In questi anni di studio e lavoro abbiamo decisamente toccato con mano il fatto che molti risultati basati su studi in vitro hanno bisogno di trovare riscontro su modelli in vivo capaci di riprodurre la caratteristiche biochimiche, l’evoluzione e le problematiche inerenti una specifica patologia umana, che sono necessarie tecnologie e competenze sempre aggiornate per compiere indagini approfondite e che la diversità di risposte terapeutiche spesso può anche essere influenzata dalle caratteristiche del singolo individuo. Una parte dei risultati sono stati oggetto delle pubblicazioni incluse e di altri lavori che stanno per essere pubblicati, altri fanno parte di progetti tuttora in corso, ma nel loro insieme rappresentano la base di partenza degli studi che dovranno essere sviluppati in futuro.
  • XXI Ciclo

Date

  • 2009-04-30T12:26:31Z
  • 2009-04-30T12:26:31Z
  • 2009-04-03
  • 1981

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier