• Il racconto del ritorno. Letteratura di guerra dal fronte russo 1941-1943
  • De Marinis Gallo, Gianluigi

Subject

  • letteratura di guerra
  • seconda guerra mondiale
  • fronte russo
  • mario rigoni stern
  • giulio bedeschi
  • nuto revelli
  • ITALIANISTICA
  • L-FIL-LET/10 LETTERATURA ITALIANA

Description

  • 2008/2009
  • Tra i diversi percorsi della memoria, si è scelto di trattare della letteratura alpina del ritorno dalla Russia: senza dubbio la più cospicua e la più feconda, e senza dubbio quella che ha fornito i maggiori successi editoriali del “genere”. Lo si è fatto esaminando tre opere rappresentative di tre diversi modi di scrittura e di tre diversi generi. Un diario, una memoria, un romanzo – con tutta la provvisorietà di una differenziazione non sempre praticabile per testi che vivono della ibridazione dei generi (diario, autobiografia, romanzo storico, scrittura privata, scrittura pubblica). E ancora: un’opera fortemente critica, una che sembra ricostruire un’epica, una che può assumere i tratti consolatori della propaganda. Si sta alludendo ai tre libri di Nuto Revelli, Mario Rigoni Stern e Giulio Bedeschi. Tre parabole di scrittura che, a partire dal racconto di un medesimo evento, mostrano l’irriducibilità della memoria ad un’unica immagine. Mai tardi, Il sergente nella neve, Centomila gavette di ghiaccio: libri a cui arrise un notevole successo di pubblico, lampante per gli ultimi due. Il libro di Rigoni, poi, tocca vette che lo collocano nel canone della maggiore letteratura italiana – se non europea – del secondo Novecento. Al di sotto di questi testi, un continente di scritture significative che non raggiunsero gli stessi numeri. Al di là di questi testi, un ininterrotto filone di scrittura: basti pensare che ancora nel 1987 Mario Spinella vinceva il premio Viareggio con Lettera da Kupjansk, un romanzo che riproponeva, non senza un certo grado di sperimentalismo, il modello di maggiore successo della narrazione della seconda guerra mondiale, appunto quello del nostos e dell’anabasi. Si pensi, inoltre, alle ricostruzioni romanzesche proposte da un autore come Alfio Caruso, che pubblica il suo Tutti i vivi all’assalto ancora nel 2005. Perché mai – ci si può chiedere con Isnenghi – il fronte russo ha imposto a tal punto la sua presenza, per qualità e quantità, rispetto a ogni altro fronte? «La Russia ci ha dato tanto il capolavoro – con Il sergente nella neve – che il best-seller – con Centomila gavette di ghiaccio –, tanto il “genere” che l’industria e il lavoro di memoria in serie (con iniziative del tipo C’ero anch’io animate dallo stesso Giulio Bedeschi)». Le ragioni di questa preminenza risiedono in diversi fattori: alcuni di essi, la cosa non dovrebbe stupire, possono avere una matrice letteraria. Ogni opera letteraria entra in una tradizione e con questa dialoga, anche se i motivi che sono alla base della sua composizione sono tutti esterni alla letteratura. La guerra di Russia ha una tradizione di riferimento che può fare da traino a questi testi, che può definirne una collocazione in un determinato orizzonte d’attesa. E poi v’è la «mitica lontananza dell’impresa». La peculiarità di una esperienza che possedeva risvolti politici non comuni: soldati fascisti si recavano nella terra dei bolscevichi. Che immagine ne riportavano? A questa, e altre domande, il presente lavoro cerca di fornire risposte plausibili. L’analisi monografica delle tre opere segue uno schema fisso. Ogni capitolo è diviso in tre paragrafi: nel primo si ricostruiscono le vicende editoriali dell’opera in esame, in rapporto con le dinamiche complessive della letteratura della Seconda guerra mondiale attive al momento dell’uscita; nel secondo si affronta l’analisi del testo (struttura, temi, lingua e stile); nell’ultimo si esamina la sua fortuna. Per l’analisi delle opere si è fatto ricorso ad una serie di suggestioni e di categorie interpretative provenienti da testi che hanno esercitato una influenza decisiva nel rinnovamento del modo di considerare il rapporto tra letteratura e guerra. Tali categorie interpretative – quelle di Isnenghi, Fussell, Leed, Gibelli – sono state elaborate a partire dalla Prima guerra mondiale, ma possono essere riconvocate a spiegare anche alcune caratteristiche della guerra sul fronte russo nella Seconda. L’uso delle categorie interpretative elaborate per la memorialistica, la diaristica e i romanzi della Grande Guerra, almeno nell’ordine di alcuni caratteri generali, sembra infatti potersi estendere ad un arco temporale che comprenda entrambi i conflitti, giusta la validità di alcune, ormai classiche, interpretazioni storiografiche. Del resto, lo stesso Fussell nell’ultimo capito del suo libro sottolineava l’insistenza di tale rapporto: «Il modo in cui i dati e i comportamenti della Seconda guerra “si basano” su quelli della Prima fa quasi pensare che vi sia stata una sola e ininterrotta Grande Guerra, che si è prolungata per tutta la prima metà del ventesimo secolo».
  • XXI Ciclo
  • 1981

Date

  • 2010-05-26T08:09:23Z
  • 2010-05-26T08:09:23Z
  • 2010-04-29

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier