• Kosovo: nuovo stato in Europa?
  • Sossi, Alex

Subject

  • Kosovo
  • GEOSTORIA E GEOECONOMIA DELLE REGIONI DI CONFINE
  • M-GGR/01 GEOGRAFIA

Description

  • 2008/2009
  • Il 17 febbraio del 2008, con l’autodichiarazione di indipendenza della Repubblica dei Kosovo, si è chiusa una vicenda, o almeno un suo capitolo, che di fatto ha dimostrato per l’ennesima volta come nel mondo sia valida la regola che possa accadere “tutto e il contrario di tutto”. Di fatto la popolazione di etnia albanese del Kosovo ha raggiunto un obbiettivo inseguito da circa un secolo e forse più, ovvero l’indipendenza dai popoli slavi dei Balcani; dal canto suo, invece, la popolazione serba della stessa regione s’è vista scippare quella che, soprattutto per la propaganda nazionalista di Belgrado, è la culla dalla sua civiltà. La genesi di questa nuova entità statale è, a dire il vero, quanto meno singolare. Tralasciando le spinte autonomiste esistenti già nel corso di tutto il XX° secolo, spinte che più che altro miravano a pareggiare lo status del Kosovo con quello delle altre Repubbliche della RFJ, l’iter di emancipazione del Kosovo dalla Serbia è nato paradossalmente con la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza UNSCR n.1244 del 10 giugno 1999, ovvero lo stesso atto che decretava “…the commitment of all Member State to the sovereignty and territorial integrity of the Federal Republic of Yugoslavia” (ovvero “l’impegno di tutti gli Stati membri -dell’ONU- alla sovranità ed integrità territoriale della Repubblica Federale Jugoslava”); la stessa Risoluzione, difatti, ha dato vita alla missione UNMIK, l’amministrazione ad interim dell’ONU, la quale altro non ha fatto che creare tutti i presupposti di “capacity e governement building” acciocché il Kosovo, in barba alla citata Risoluzione, procedesse speditamente verso l’indipendenza. Ad oggi la Repubblica del Kosovo è stata riconosciuta da ben 65 dei 192 Stati membri dell’ONU, Italia compresa, ed è membro sia del Fondo Monetario Internazionale che della Banca Mondiale. Quindi, se prendiamo in considerazione il fatto che questa repubblica abbia oggi un proprio territorio, un proprio popolo, un apparato statale indipendente, e che la stessa sia stata riconosciuta da decine di Paesi (tra i quali 3 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, diversi Paesi appartenenti al G8, nonché 22 Stati membri dell’UE), non si possono avere dubbi sul fatto di poter asserire che la neonata Repubblica del Kosovo sia un nuovo Stato in Europa. Ma la questione da porsi è, invece, quanto si possa considerare la Repubblica del Kosovo uno Stato indipendente e autosufficiente, tenendo in considerazione tutti i problemi irrisolti (e di difficile risoluzione) che l’affliggono, come la quasi inesistente economia, l’insussistenza di un apparato statale adeguato e indipendente, la completa dipendenza (economica, militare, statale) esterna, la questione irrisolta delle municipalità serbe dei distretti settentrionali (nonché della gestione dell’integrazione delle enclaves serbe), la libertà d’azione delle mafie locali (e la loro collusione con la politica). Il Kosovo ha difatti una tra le economie più povere d’Europa, con un reddito procapite stimato nel 2008 in 1750 euro annui e un sistema economico assolutamente non autosufficiente, non esistendo un solo settore produttivo in grado di alimentare l’economia o produrre ricchezza. Una cospicua parte del PIL è coperta dall’indotto creato dalla presenza della comunità internazionale, dalle donazioni e i programmi di sviluppo e sostentamento internazionali, nonché dalle rimesse estere che mensilmente la diaspora spedisce ai propri familiari rimasti in patria. La disoccupazione si attesta a valori prossimi al 50% della forza lavoro, mentre i settori produttivi sono quasi azzerati e il fabbisogno di beni di largo consumo della popolazione viene assicurato mediante importazioni per un controvalore stimato compreso tra il 50% e il 60% del PIL, che nel 2008 ha raggiunto il valore di 3.841 milioni di euro. La bilancia commerciale nel 2008 ha raggiunto un valore di circa -1.729 milioni di euro, ove la quota delle esportazioni, seppure in crescita se comparata con le annualità precedenti, ha raggiunto soltanto il 10,3% di quella delle importazioni. Il quadro degli investimenti esteri non è sicuramente migliore: considerato l’altissimo tasso di rischio-paese del Paese, la totale incertezza della giustizia, l’insussistenza del sistema economico, nonché la forte presenza di forti lobby locali (per non chiamarle racket), gli investimenti a totale capitale straniero sono prevalentemente fatti da emigrati che vogliono investire i propri capitali in patria. Gli investimenti interamente a capitale estero sono, invece, ridotti al minimo. L’apparato statale, seppure supportato dall’esistenza della Costituzione entrata in vigore qualche mese dopo la dichiarazione di indipendenza, è di fatto ancora assistito nelle sue istituzioni cardine dalla missione europea EULEX. Tale situazione è dovuta ad una totale debolezza istituzionale, inevitabile retaggio della particolare situazione verificatasi in Kosovo negli ultimi 2 decenni. Gli ultimi anni del ventesimo secolo, infatti, sono stati caratterizzati dal boicottaggio da parte della popolazione kosovara delle istituzioni serbe, nonché dalla creazione di un sistema amministrativo e politico parallelo, il quale, per le sue caratteristiche, sicuramente non ha potuto creare i presupposti per far crescere la classe politica e formare una cultura delle istituzioni. Quest’ultimo decennio, invece, ha visto il quasi totale fallimento dell’amministrazione UNMIK, per la quale sono stati spesi miliardi di dollari senza, di fatto, riuscire a completare quel processo di governace building e capacity building per il quale era stata preposta. La dichiarazione di indipendenza, in questo senso, è stata sicuramente prematura, in quanto lo Stato e il suo apparato era (ed è) ancora in fase di rodaggio e, come già accennato, dipendente per certune attività (la giustizia in primis) dalla comunità internazionale e dalla missione EULEX. Oggi, a seguito della dismissione della missione UNMIK, il pallino del gioco è passato in mano all’Unione Europea, che volente o nolente s’è ritrovata nella paradossale condizione di dover gestire una situazione creata in definitiva dagli Stati Uniti e gestita, sicuramente in maniera fallimentare, per quasi un decennio dall’ONU; detto ciò, non si può che convenire sul fatto che attualmente la missione EULEX è il minore della moltitudine di problemi, pericolosamente intrecciati tra loro, che l’Unione Europea deve affrontare nell’area balcanica.
  • XXI Ciclo

Date

  • 2010-05-26T09:16:02Z
  • 2010-05-26T09:16:02Z
  • 2010-04-28
  • 1974

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier