• Studi strutturali su proteine naturali e artificiali
  • Structural studies on artificial and natural proteins
  • De March, Matteo

Subject

  • Cristallografia, Diffrazione di raggi X, Biorecettore, Proteina, Complesso, Sito di legame, Strutture Base Drug Desin, Trasferimento elettronico
  • SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE E TECNOLOGIE CHIMICHE E FARMACEUTICHE
  • CHIM/03 CHIMICA GENERALE E INORGANICA

Description

  • 2009/2010
  • La ricerca del dott. De March Matteo, svolta nel corso dei tre anni della Scuola di Dottorato in Scienze e Tecnologie Chimiche e Farmaceutiche, ha riguardato in generale lo studio strutturale tramite diffrazione di raggi X di proteine artificiali e naturali. Essa è stata sviluppata su 3 distinti progetti, nei quali sono state sfruttate la sorgente di radiazione X convenzionale, presente al Centro di Eccellenza in Biocristallografia (CEB), e la sorgente di luce ELETTRA, sincrotrone di 3° generazione. Il primo progetto riguarda la caratterizzazione strutturale del biorecettore KE1 e del complesso Avidina-BCG. La capacità del nuovo biorecettore peptidico KE1 (35 residui) di riconoscere in modo altamente selettivo e specifico piccole molecole naturali quali i derivati dalla xantina è stata determinata tramite numerosi saggi sperimentali in soluzione dal gruppo del Dott. F. Berti. La formazione e la crescita in specifiche condizioni di cristalli singoli di questa biomolecola, ottenuta per sintesi chimica, ne ha consentito lo studio cristallografico tramite diffrazione di raggi X. La conseguente caratterizzazione strutturale ha rivelato la formazione di un motivo tipo three helix bundle parallelo, raro in natura, dal quale può essere generato un sito di coordinazione per metalli in grado di mimare strutturalmente i siti catalitici di metallo-proteine naturali. Per testare allo stato solido la capacità del biorecettore di legare i derivati xantinici sono state effettuate co-cristallizzazioni del peptide con queste molecole e soaking di cristalli formati in soluzioni di caffeina e teofillina. Per entrambi i metodi non si è osservata crescita di cristalli del complesso. Un terzo approccio si è allora basato sull’utilizzo del sistema avidina – biotina, usato per la selezione del peptide KE1 nei saggi ELISA. In questi saggi, il biorecettore è stato complessato ad una sonda sintetica (BCG), composta da una molecola di biotina legata covalentemente ad una molecola di caffeina. La porzione biotinica della sonda viene riconosciuta dall’avidina, altamente specifica per la biotina, mentre quella caffeinica dal biorecettore. Considerando la struttura cristallina del biorecettore, è stato ipotizzato che l’elevata affinità tra KE1 e sonda osservata nel saggi ELISA fosse dovuta ad interazioni non specifiche formate tra il sistema biotina-avidina e KE1, oltre alla maggiore interazione specifica del recettore con la caffeina. Gli esperimenti di cristallizzazione hanno portato in questo caso all’ottenimento di cristalli singoli in cui è presente il complesso binario tra l’avidina ed il bioconiugato (BCG). Questa struttura, ottenuta a 2.3Å di risoluzione, risolta ed affinata fino ad un valore di Rfactor del 20%, e’ la prima nel suo genere e presenta interessanti caratteristiche strutturali, in particolare nella regione di legame della proteina con la sonda. Il secondo progetto riguarda lo studio strutturale di due complessi tra l’HIV- Proteasi e nuovi inibitori di tipo solfonamidico. La caratterizzazione dei complessi tra l’enzima Proteasi da HIV e inibitori selettivi è oggetto di studio da molti anni e sempre nuovi farmaci vengono disegnati e sviluppati con lo scopo di ottenere maggiore affinità per l’enzima e di contrastare il problema dell’insorgenza di resistenze specifiche acquisite dal virus verso i farmaci commerciali più potenti. In collaborazione con la Prof.ssa M. Funicello, sono stati ottenuti nuovi complessi tra l’HIV-Pr e gli inibitori FT99 ed FT107. La principale caratteristica di questi inibitori è lo scaffold di tipo sulfonammidico, che si ritrova in alcuni inibitori commerciali ad alta selettività e specificità, quali Darunavir, Amprenavir e Tipranavir. Tramite metodiche di biologia molecolare è stato possibile clonare il gene codificante per l’HIV-Pr in E.Coli-BL21, esprimere l’enzima e purificarlo con tecniche cromatografiche. Dopo refolding e complessazione agli inibitori, sono stati prodotti cristalli singoli di entrambi i complessi che sono cresciuti in specifiche condizioni. I dati cristallografici raccolti su questi complessi enzima-inibitore hanno mostrato valori di risoluzione di 2.0Å (Ft99) e 1.45Å (FT107). Usando il metodo del Molecular Replacement sono state risolte entrambe le strutture dei complessi che sono poi state affinate fino a valori di Rfactor del 20% e 16%, rispettivamente. L’analisi della struttura dell’enzima e delle interazioni specifiche con i due composti, trovati disordinati nel sito catalitico, ha portato ad alcune considerazioni, nell’ambito di un progetto tipo Structure Based Drug Design. Le modifiche strutturali da attuare a nuove potenziali molecole basate su questo scaffold, hanno come scopo l'ottenimento di farmaci sempre più efficaci in grado contrastare le problematiche derivanti dall’uso dei farmaci commerciali. Il terzo ed ultimo progetto interessa lo studio dei citocromi C e dei complessi di trasferimento elettronico. Le strutture del citocromo c da cuore di cavallo (cyt C), cocristallizzate in presenza di ioni nitrato nelle forme ossidata (trigonale) e ridotta (monoclina), sono state risolte ed analizzate con particolare attenzione alle interazioni tra gli ioni e le catene laterali dei residui posti sulle superfici elettrostatiche. A questo proposito è stato osservato un cambiamento nel pattern di interazione ione – proteina che dipende dallo stato di ossidazione, infatti su 26 siti di interazione totali mappati 18 sono conservati in entrambe le forme mentre 8 sono caratteristici distintamente dei due stati di ossidazione. Un particolare sito, che è conservato sia nel ferri- che nel ferro- cyt C, è descritto dall’interazione con i residui Ile28 e Phe81 e rappresenta la regione in cui avviene il trasferimento dell’elettrone da/verso il centro metallico della proteina. Il baricentro delle cariche elettrostatiche superficiali, calcolato dalla posizione dei siti di interazione, è funzione dello stato di ossidazione del ferro. Per analizzare ulteriormente il significato che la modifica della superficie elettrostatica ha nell’ambito del riconoscimento molecolare in natura, è stato calcolato il vettore di spostamento del baricentro e questo è stato confrontato con la geometria delle interazioni che permettono la formazione dei complessi naturali di cui è nota la struttura cristallografica. Sfruttando sia la direzione di trasferimento elettronico che la disposizione media delle cariche elettrostatiche sulla superficie della proteina (rappresentate dai siti di mappatura), è stato studiato il meccanismo di formazione e rottura dei complessi che si generano dall’interazione tra il cyt C ed i suoi maggiori partner biologici, quali il complesso del Citocromo bc1 e la Citocromo Perossidasi. Allo stesso modo è stato analizzato un complesso che non coinvolge il citocromo c, ma una proteina strutturalmente simile, il citocromo c2, ed il Centro di Reazione. In accordo con la funzione del cyt C, si ipotizza il movimento di attacco, scivolamento e distacco della metalloproteina dai partners relativi nei macrocomplessi. Questo meccanismo basato sui dati sperimentali ottenuti utilizzando la sonda elettrostatica per campionare la superficie del citocromo è in accordo con dati di letteratura che mostrano come sia la formazione del supercomplesso cytC-III2IV2 in lievito a permettere il trasferimento dell’elettrone dal complesso III al cyt C e poi alla citocromo Ossidasi. Nell’ambito dello studio dei complessi di trasferimento elettronico, in collaborazione con la Dott.ssa G. Di Rocco, sono stati prodotti cristalli proteici di un nuovo macrocomplesso di derivazione batterica (Shewanella baltica) costituito da due eme-proteine, la Di heme protein (DHC) e la Baltica heme protein (BHP), e non ancora caratterizzato tramite diffrazione di raggi X. Analisi cinetiche e potenziometriche indicano che le due proteine interagiscono tra loro ed è plausibile un meccanismo di trasferimento elettronico dai gruppi prostetici della DHC all’eme c della BHP. A causa dell’elevato disordine strutturale dei cristalli, cresciuti in 6-7 giorni, sono stati raccolti dati a bassa risoluzione, che non hanno permesso di risolvere la struttura del complesso, anche se le prime analisi indicano che la presenza di entrambe le proteine in cella è compatibile con i dati cristallografici finora raccolti. Recentissimi dati su nuovi cristalli cresciuti in un arco temporale più lungo (60 giorni), ottenuti ad una risoluzione di 1.14Å ed indicanti parametri di cella differenti, hanno portato alla determinazione strutturale della singola proteina DHC, di cui è presente in letteratura solo una struttura omologa e derivante dal batterio Rhodobacter Sphaeroides.
  • XXIII Ciclo
  • 1983

Date

  • 2011-05-10T11:40:46Z
  • 2011-05-10T11:40:46Z
  • 2011-04-05

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier