• La spiegazione in età prescolare. Aspetti cognitivi, linguistici e pragmatici
  • Filippini, Marianna

Subject

  • spiegazioni
  • teoria della mente
  • funzioni esecutive
  • competenza pragmatica
  • capacità inferenziale
  • SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE E SCIENZE COGNITIVE
  • M-PSI/04 PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E PSICOLOGIA DELL'EDUCAZIONE

Description

  • 2009/2010
  • Questo lavoro intende contribuire alla comprensione dello sviluppo della capacità esplicativa in età prescolare. L’interesse verte sugli aspetti pragmatici della spiegazione ed in particolare sulla capacità dei bambini di produrre spontaneamente spiegazioni quando le situazioni di contesto ne segnalano l’esigenza. Tale interesse nasce da una riflessione intorno ai dati sperimentali che la psicologia dello sviluppo, a partire da Piaget, ha prodotto intorno alla capacità esplicativa dei bambini. Le ricerche che hanno indagato la capacità di ragionamento causale in riferimento a eventi del mondo fisico e naturale hanno evidenziato i limiti del pensiero logico dei bambini prescolari (Piaget, 1923; 1924, Donaldson, 1986). Questi dati hanno portato gli psicologi dello sviluppo a considerare il ragionamento causale e la sua espressione nelle spiegazioni una acquisizione relativamente tardiva nel corso dello sviluppo (Piaget, 1929). Ricerche più recenti, invece, propongono evidenze a sostegno della precoce capacità di ragionamento causale e della sua espressione sulla base di osservazioni in contesti naturalistici. Hood e Bloom (1979) ad esempio hanno studiato lo sviluppo spontaneo del linguaggio causale nei bambini fra i 2,6 e i 3,6 anni utilizzando come criterio di selezione dei loro dati o la presenza di un connettivo causale esplicito o la sua inferibilità. Le autrici hanno osservato come questo tipo di linguaggio fosse fin dall’inizio padroneggiato correttamente dai loro soggetti, contrariamente a quanto sostenuto in proposito dalle teorie piagetiane. Hanno però anche osservato come la maggior parte delle spiegazioni comparissero in contesti nei quali il bambino tentava di dirigere il comportamento del partner, si trattava cioè di spiegazioni che giustificavano una richiesta, un ordine, un rifiuto, mentre erano molto rare le spiegazioni relative al comportamento degli oggetti fisici o che connettevano tra loro due eventi in contesti in cui lo scopo comunicativo del bambino era una semplice descrizione di eventi. Studi più recenti confermano la precoce capacità dei bambini di fornire spiegazioni nei contesti per loro più motivanti. Le spiegazioni più frequentemente prodotte dai bambini in questi contesti sono risultate riguardare le azioni e il comportamento delle persone e non quegli eventi del mondo fisico su cui i primi studi sul ragionamento causale si erano concentrati. I bambini, già in età prescolare dimostrano un grande interesse per ricevere spiegazioni riguardo il comportamento e le azioni delle persone, e molto precocemente sono in grado essi stessi di fornire tale tipo di spiegazioni (Hickling e Wellman, 2001). Anche gli studi che hanno osservato il linguaggio spontaneo dei bambini prescolari in situazioni di conflitto, hanno messo in luce la capacità di fornire spontaneamente giustificazioni e spiegazioni (Veneziano e Sinclair, 1995). Questi dati introducono un tema interessante e ancora poco indagato, ossia la capacità dei bambini di utilizzare le spiegazione nel contesto comunicativo per raggiungere un determinato scopo comunicativo, nello specifico il controllo del comportamento dell’altro attraverso la modificazione dei suoi contenuti mentali. In altre parole in determinati contesti comunicativi, particolarmente rilevanti e motivanti, i bambini dimostrano di possedere molto precocemente quella competenza pragmatica che consente di servirsi della spiegazione, quale mezzo linguistico volto alla ristrutturazione delle conoscenze dell’interlocutore e ridirigere così il suo comportamento. Da un punto di vista pragmatico, può essere definita spiegazione, ogni mossa comunicativa attraverso cui il parlante fornisce al suo interlocutore una nuova informazione (explanans) rispetto ad un oggetto di attenzione comune (explanandum), allo scopo di ristrutturare le conoscenze dell’interlocutore stesso (Barbieri, 1989). Secondo questa definizione l’uso contestualmente adeguato della spiegazione dipende dalla presa d’atto delle conoscenze/credenze dell’ascoltatore e dalla produzione di un messaggio che produca un cambiamento in tali stati mentali. La produzione di una spiegazione richiede dunque che il parlante si rappresenti lo stato di conoscenze dell’interlocutore e che si proponga di riorganizzare tali credenze in funzione degli scopi comunicativi che egli si propone. Risulta di particolare interesse, dunque, considerare quale peso abbiano le capacità di teoria della mente nella comprensione delle condizioni pragmatiche d’uso della spiegazione. Non esistono studi sperimentali che abbiano indagato il legame tra lo sviluppo della teoria della mente e la capacità pragmatica di utilizzare la spiegazione quale mossa comunicativa volta alla ristrutturazione delle conoscenze dell’interlocutore; i dati sulla capacità dei bambini di produrre spontaneamente spiegazioni in contesti quali i conflitti verbali inducono a riflettere su tale legame. La relazione tra teoria della mente e capacità esplicativa e l’indagine intorno alle capacità cognitive e linguistiche che sostengono la competenza di produrre spiegazioni in risposta ad esigenze di contesto costituisce l’oggetto degli esperimenti condotti. I primi due esperimenti hanno indagato la relazione tra le capacità di teoria della mente e la produzione di spiegazioni spontanee in età prescolare. L’ipotesi di questi esperimenti è che lo sviluppo della teoria della mente costituisca una acquisizione cognitiva importante per la comprensione delle condizioni pragmatiche d’uso della spiegazione: essere in grado di considerare le credenze dell’interlocutore costituisce infatti il presupposto cognitivo per la produzione di spiegazioni non richieste, ma spontaneamente prodotte dal parlante. Nel primo esperimento un gruppo di bambini di età prescolare è stato valutato per la comprensione della falsa credenza attraverso il classico compito di Sally-Anne (Wimmer & Perner, 1983) e per la capacità di produrre spontaneamente spiegazioni, in risposta a condizioni di contesto che mettevano evidenza la necessità dell’interlocutore di ricevere una spiegazione. Per elicitare la produzione di spiegazioni è stata creata una prova in cui il bambino doveva aiutare un piccolo extra-terrestre a comprendere semplici situazioni raffigurate in una serie di immagini. L’indizio contestuale che avrebbe dovuto indurre i bambini a spiegare era l’esplicitazione dell’errata comprensione delle situazioni presentate da parte dell’interlocutore – l’extra-terrestre. Le produzioni linguistiche dei bambini al compito di produzione elicitata sono state analizzate in funzione della prestazione al compito di comprensione della falsa credenza. I bambini con maggiori competenze di teoria della mente sono risultati più abili degli altri nel comprendere il contesto pragmatico richiedente la spiegazione; essi hanno infatti prodotto più spiegazioni rispetto ai coetanei non in grado di superare il compito di falsa credenza. Nel secondo esperimento le condizioni di contesto volte ad elicitare la produzione di spiegazioni sono state manipolate allo scopo di rendere meno esplicite le credenze dell’interlocutore (l’extra-terrestre non capisce la situazione, ma non esplicita la sua comprensione errata della stessa), ponendo più alte richieste alla capacità del bambino di rappresentarsi la mente altrui. Si è voluto in questo modo verificare la sensibilità a indizi pragmatici più sfumati che presumibilmente richiedono un maggiore contributo delle capacità di rappresentarsi gli stati mentali altrui. L’Esperimento 2 ha replicato i risultati emersi nell’Esperimento 1 riguardo la maggiore capacità dei bambini con una teoria della mente più avanzata di comprendere l’esigenza pragmatica della spiegazione. Nel terzo esperimento le capacità di teoria della mente sono state valutate attraverso la comprensione della distinzione Apparenza/Realtà (Flavell, Green e Flavell, 1986), un livello di sviluppo precedente all’interno del costrutto ‘teoria della mente’, che riguarda la capacità di considerare rappresentazioni che differiscono dalla realtà ed in particolare diverse rappresentazioni di uno stesso oggetto. Si è ipotizzato che questo livello di sviluppo della teoria della mente costituisca una competenza importante per la capacità di utilizzare la spiegazione allo scopo di ristrutturare la rappresentazione che l’interlocutore possiede rispetto ad un determinato stato di cose (l’explanandum). La capacità di considerare diverse rappresentazioni di un medesimo stato di cose permette infatti al parlante di cogliere l’esigenza di esplicitare, nella spiegazione, quella parte di informazione che manca nella rappresentazione che l’ascoltatore ha del medesimo oggetto/evento. Nell’Esperimento 3 i bambini con una migliore comprensione della distinzione apparenza/realtà hanno prodotto più spiegazioni rispetto ai coetanei con una comprensione più debole della distinzione apparenza/realtà, nel compito di produzione elicitata di spiegazioni. Questo risultato ha confermato l’ipotesi che la capacità di considerare diverse rappresentazioni di un medesimo stato di cose giochi un ruolo nella comprensione delle condizioni pragmatiche d’uso della spiegazione: quando il bambino ha una buona comprensione del mondo rappresentazionale e dei suoi legami con la realtà può considerare la necessità di rendere esplicita attraverso la spiegazione la propria rappresentazione dell’explanandum quando questa differisce da quella esplicitata dall’interlocutore. Gli Esperimenti 1, 2, 3 hanno quindi confermato l’ipotesi del contributo delle capacità di teoria della mente alla comprensione della condizioni pragmatiche d’uso della spiegazione. In particolare, è emerso che i bambini con migliori capacità di teoria della mente sono più in grado di cogliere la necessità di produrre un messaggio di tipo esplicativo a partire dalle condizioni di contesto (date dalla falsa credenza o dalla mancanza di conoscenza dell’interlocutore). Il quarto esperimento ha indagato il contributo delle funzioni esecutive in considerazione del ruolo che tali abilità cognitive di base hanno nella realizzazione di compiti cognitivi complessi ed in particolare di quei compiti linguistici in cui il parlante è chiamato ad adeguare il suo messaggio allo stato di conoscenza dell’interlocutore (Nielsen e Graham, 2009). Le funzioni esecutive si riferiscono a processi cognitivi di base, quali il controllo inibitorio, la memoria di lavoro, la flessibilità attenzionale, che contribuiscono alla pianificazione e realizzazione di compiti cognitivi complessi e il cui sviluppo in età prescolare è stato documentato da numerosi studi sperimentali (Carlson, 2005; Garon et al., 2008). Sono state considerate la memoria di lavoro verbale, la capacità di controllo inibitorio (Gertadt, et al., 1994) e la capacità rappresentativa (Bialystok et al., 2004). La produzione di spiegazioni nel compito di produzione elicitata è risultata in relazione a tutte le abilità considerate. In particolare la capacità rappresentativa è risultata un predittore significativo della produzione di spiegazioni. I risultati dell’Esperimento 4 hanno messo in evidenza come la produzione di spiegazioni coinvolga capacità cognitive e linguistiche di base, il cui livello di sviluppo incide sulla capacità di produrre una spiegazione in modo adeguato alle esigenze del contesto. La rilevanza della capacità rappresentativa, emersa nell’Esperimento 4, ha indotto ad indagare, nel quinto esperimento, il contributo della capacità inferenziale alla produzione di spiegazioni spontanee, ipotizzando che tale abilità, che si poggia su capacità di tipo rappresentativo, sia importante per essere in grado di identificare e comunicare all’interlocutore la nuova informazione che rende possibile la ristrutturazione delle sue conoscenze, realizzando così lo scopo pragmatico della spiegazione. La capacità inferenziale è stata valutata in un compito in cui il bambino doveva produrre delle inferenze controfattuali in riferimento a catene causali di eventi (German e Shaun, 2003). Le produzioni linguistiche al compito di produzione elicitata di spiegazioni sono state analizzate in funzione del livello di capacità inferenziale del bambino. I bambini che non sono stati in grado di produrre inferenze nel compito di capacità inferenziale hanno prodotto più risposte pragmaticamente inadeguate - descrizioni delle immagini - rispetto agli altri. Questi risultati suggeriscono che la capacità di fare inferenze, ed in particolare inferenze causali, costituisce una capacità importante quando il bambino deve utilizzare spontaneamente le spiegazioni per intervenire in modo pragmaticamente adeguato nella conversazione. Se il bambino non è in grado di inferire sulla base delle informazioni che ha a disposizione i possibili legami causali tra explanans ed explanandum, rimarrà legato al dato immediatamente disponibile e produrrà un messaggio pragmaticamente inadeguato, ossia un messaggio che non aggiunge alcuna nuova informazione. È infatti il dato non direttamente disponibile, il legame causale, a costituire l’informazione che manca all’interlocutore ed è attraverso l’esplicitazione del legame di causa-effetto tra explanans ed explanandum che il parlante fornisce l’informazione cruciale per la ristrutturazione delle conoscenze dell’interlocutore. In tutti gli esperimenti condotti è stato considerato il peso del linguaggio, controllando il livello di sviluppo sintattico, attraverso Le Prove di Valutazione della Comprensione Linguistica (1994, Rustioni d. e Associazione ‘La Nostra Famiglia’, ed. OS, Firenze), e lo sviluppo lessicale, attraverso il subtest Vocabolario della Scala di Valutazione Cognitiva WPPSI (1973, Wechsler, ed. O.S., Firenze) e il Test di Vocabolario Recettivo Peabody (2000, Stella G., Pizzoli C., Tressoldi P.E. eds., ed. Omega). È emerso in tutti gli esperimenti condotti come le competenze linguistiche, in modo particolare il lessico, contribuiscano in modo cruciale alla produzione di spiegazioni. È possibile che il legame tra sviluppo lessicale, indicatore della rete semantica di cui il soggetto dispone per dare significato al mondo, e capacità esplicativa rifletta il peso che le conoscenze di cui il bambino dispone hanno sulla capacità di comprendere una situazione, attivare le conoscenze degli eventi a cui essa si collega e rendere chiare ad un’altra persona quelle stesse informazioni. L’insieme dei risultati qui ottenuti indica l’uso appropriato della spiegazione nel contesto come una capacità complessa che risulta dall’integrazione di molteplici elementi quali capacità cognitive, come la capacità di inibire risposte immediate di nominazione per esplorare in modo più complesso la figura e coglierne il senso generale; abilità rappresentative che consentono di andare oltre l’informazione data per rappresentarsene i legami con i possibili antecedenti e/o conseguenti; abilità linguistiche, in particolare quelle lessicali, che consentono di dare adeguata forma espressiva alle proprie rappresentazioni; ed infine, di immediato e rilevante peso pragmatico, le abilità di Teoria della Mente che consentono di rappresentarsi lo stato rappresentativo dell’interlocutore –ignoranza o convinzione erronea che sia- e di comprendere conseguentemente l’opportunità pragmatica della spiegazione.
  • XXIII Ciclo

Date

  • 2011-05-19T13:39:02Z
  • 2011-05-19T13:39:02Z
  • 2011-04-29
  • 1982

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf
  • application/pdf

Identifier