• Dall'analitica all'estetica. Metafora e metodo fenomenologico come alternativa alla svolta linguistica
  • Razza, Claudia

Subject

  • filosofia
  • fenomenologia
  • gnoseologia
  • linguaggio
  • metafora
  • FILOSOFIA
  • M-FIL/01 FILOSOFIA TEORETICA

Description

  • 2010/2011
  • «L’indagine (Besinnung) filosofica deve rinunciare alla “filosofia del linguaggio” e dedicare la sua attenzione alle “cose stesse”». A riproporre così il noto monito husserliano è Heidegger, la cui firma compare a capo di una Gesamtausgabe che registra l’espressione definitiva («letzter Hand») di un pensiero di prima mano, rivolto direttamente all’essere, da parte di un Dasein che sembra essersi rivelato all’altezza del compito. Se tuttavia Heidegger abbia vinto la wittgensteiniana «battaglia contro l’incantamento dell’intelletto», o non si sia piuttosto lasciato guidare dalla grazia indicativa del suo linguaggio, è questione controversa. Per le posizioni che come unica alternativa all’idealismo metafisico ammettono il «nominalismo metodologico» e adottano fino in fondo un atteggiamento «analitico», capace di rinunciare ad ogni sintesi realista e di confinare la filosofia nella «critica del linguaggio», l’«impegno ontologico» di Heidegger rispedisce la sua opera all’interno della metafisica più recalcitrante. Ma quella dell’analisi logico-sintattica è l’unica alternativa possibile? L’ipotesi di partenza della dissertazione è che la trattazione della metafora da parte di alcuni esponenti sia della tradizione analitica sia in particolare di quella fenomenologica si configura come un luogo particolarmente fecondo in cui cercare una risposta alla suddetta domanda. L’obiettivo di fondo è rivolto a tracciare una distinzione tra le posizioni che privilegiano il linguaggio, ritenendo secondari tutti gli altri piani ad esso connessi, e quelle che invece ne sottolineano la subalternità, approfondendo l’indagine delle condizioni non linguistiche che lo rendono possibile, prima fra tutte l’istanza gnoseologica. Sulla base delle considerazioni che sulla questione hanno sviluppato alcuni autori qui scelti in maniera mirata da un ventaglio ampio che spazia dalla «svolta linguistica» della filosofia analitica alla svolta estetica della filosofia fenomenologica, il tema della metafora si configura in prima istanza come criterio spartiacque: mentre le posizioni nominalistiche tendono a escluderla dal proprio oggetto di studio, le posizioni realiste ne reclamano il valore conoscitivo. Ma via via che l’indagine avanza, la posizione assunta da ciascun autore in relazione all’elemento metaforico va costituendo uno strumento anche più sottile come criterio di discrimine. La metafora si rivela infatti una figura dirimente, consentendo un’interpretazione della posizione di chi la affronta spesso divergente da quella solita o prevalsa. Se, come afferma Black, per le vie della grammatica non si giunge alla metafisica, appare ormai invece diffusamente assodato che la via per l’ontologia non possa fare a meno di includere la metafora. Evitando tuttavia di insistere sulle strade battute, nella scelta di un percorso diverso sia da una raccolta storiografica delle teorie sulla metafora, sia da un’analisi linguistica delle metafore filosofiche, sia finanche da un’ermeneutica storico-metaforologica alla maniera di Blumenberg, e distinta pure da un approfondimento delle teorie che tra fenomenologia e analitica hanno cercato in generale da entrambi i lati un contatto, la ricerca in questione consiste in una tematizzazione/teorizzazione della metafora come strumento dell’indagine fenomenologica, il che ne comporta, fin dall’inizio, la riconduzione al terreno ontologico-gnoseologico. Lo sguardo è rivolto quindi alla metafora come cosa stessa, nell’orizzonte di una riflessione che, su quel filo conduttore (la metafora) e nell’adozione dell’atteggiamento fenomenologico, impiegati ad ampio raggio e applicati su più piani, pone e sbroglia ogni punto attinente: dalla questione del rinvio del linguaggio alla conoscenza (dal significato al senso), a quella del rapporto tra sfera categoriale e dimensione aisthetica (precategoriale), dalla metafora come ponte tra approccio analitico e filosofia continentale, all’approfondimento del divario tra quella che Rorty ha chiamato «svolta linguistica» e un’altra svolta, quella estetico-trascendentale comportata dalla fenomenologia fin da Husserl, la quale si rivela non solo opposta per direzione, ma al tempo stesso come una possibile alternativa. Dinanzi a una «filosofia linguistica» che oltre a ridurre la filosofia al linguaggio finisce con l’operare come una pragmatica elusiva, si afferma la priorità teoretica dell’approccio sintetico: tale è la forza del metodo fenomenologico, a garanzia di una riduzione (doppia, prima trascendentale e poi anche eidetica) che non è né riduttiva (bensì appunto riconduttiva). Questa è la conclusione più generale a cui porta questa ricerca, che nel suo nucleo più stretto risiede in una lettura del modulo intenzionale in termini metaforologici (noein come metapherein) e che approda a un concetto che di fatto propone: quello di estetica fondamentale. Le riflessioni logico-analitiche che concentrano l’attenzione sul linguaggio ne presuppongono e anzi assumono come necessaria la letteralità; sono dunque costrette a considerare la metafora come un’anomalia. Compreso come fenomeno pluristratificato, il linguaggio si scopre invece sostenuto da una tensione fondamentale, nella quale se il significato letterale è funzionale alla comunicazione, il senso metaforico lo è alla funzione descrittivo-indicativa. Così dunque, o si decide, scientificamente (formalmente), di escludere la metafora dal campo del linguaggio regolare (oggettivato), ma accettando le conseguenze antifilosofiche di tale delimitazione, o la si include rigorosamente nell’indagine, ma ciò richiede allora un abbandono del formalismo analitico e un’apertura verso l’indagine della rappresentazione in un senso non banalmente corrispondentistico. Dal momento che il viraggio pragmatistico anziché risolvere il problema sembra acuirlo, l’alternativa si gioca tra l’analisi linguistica come approccio statico-oggettivo, che purifica il linguaggio dall’intuizione (ma così facendo lo polverizza), e l’analisi fenomenologica come comprensione genetica che, assumendo l’essenziale non purezza della dimensione simbolica, rinvia, per la sua piena comprensione, alla soggettività trascendentale. L’affermazione della metafora come chiave di accesso alla dimensione sintetica, in cui sembra essere racchiusa la garanzia di un approccio filosofico anche al linguaggio, consente di rivendicare il valore – e l’attualità – della concezione fenomenologica del rapporto tra intenzione ed espressione come prospettiva alternativa dinanzi a quelle teorie che, anche apparendo eterogenee, ricadono invece sotto l’egida della «svolta linguistica», sia perché vi si iscrivono esplicitamente, sia in quanto, a partire dalla posizione assunta in relazione al tema della metafora, finiscono per rientrarvi seppure magari soltanto in maniera implicita. Non trattandosi meramente di ribadire il valore del linguaggio poetico per la filosofia, la ricerca segue un cammino che sposta l’attenzione dal terreno linguistico a quello del fondamento intenzionale della sfera espressiva, in cui la metafora acquisisce il ruolo di figura operativa a livello gnoseologico e, sul filo di un nesso fenomenologico-metaforologico che mette l’io in primo piano, a partire da Husserl (e ancor prima, fin dalla svolta soggettiva cartesiana e dall’affermazione kantiana dell’estetica come base soggettivo-trascendentale, da cui la psicologia trascendentale husserliana prende rincorsa), giunge a Heidegger e all’ermeneutica gadameriana, collocando quindi a margine di tale alveo sia ovviamente le posizioni neopositivistiche da cui la visione fenomenologica esplicitamente si distingue e rispetto alle quali per differenza si va definendo, sia posizioni anche ritenute vicine alla fenomenologia, rispetto alle quali la linea fenomenologica si va chiarendo, in virtù della considerazione del tema della metafora, in maniera più sottile. Risultato della ricerca, oltre a quello di uno scollamento della metafora dall’ambito linguistico, è una diversa interpretazione che, nell’ottica della considerazione della metafora come figura del metodo gnoseologico e come chiave di lettura, può essere a sua volta applicata anche in parte alla filosofia husserliana. In un percorso che va dalla metafora come problema alla metafora come risposta, dalla filosofia analitica all’estetica fenomenologica, e dall’analitica all’estetica anche nel senso trascendentale, in uno «zurück zu Kant» che viene accennato non da neokantiani, bensì da fenomenologi, per affermare la priorità trascendentale (e infine fondamentale) della dimensione aisthetica (in un senso baumgarteniano), il testo è suddiviso in due parti. La prima delle quali – preceduta da un’introduzione complessiva che inquadra l’argomento, anticipa obiettivi, modalità di sviluppo e indirizzo teoretico degli approfondimenti successivi – è concepita come pars destruens e si concentra sulla concezione analitico-linguistica di Davidson. La seconda parte, costruttiva, raccoglie e lega i contributi utili alla composizione di una fenomenologia della metafora, ed è seguita da una conclusione che, illustrando il concetto di estetica fondamentale a cui lo sviluppo è approdato, propone tra l’altro un’interpretazione delle considerazioni di Heidegger sulla metafora in chiave ontologico-esistenziale anziché poetico-linguistica.
  • XXIV Ciclo

Date

  • 2012-07-20T10:58:07Z
  • 2013-03-21T05:01:06Z
  • 2012-03-21
  • 1965

Type

  • Doctoral Thesis

Format

  • application/pdf

Identifier